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Indagine Fim Cisl-Adapt

Smart working promosso dalla metà dei lavoratori. Ecco come sarà in futuro

Anche nel post Covid più della metà dei lavoratori vorrebbe continuare a lavorare in smart working. Soltanto il 3% ha espresso la volontà di tornare in ufficio. Prevale il modello ibrido

di Fabrizio Arnhold 30 Luglio 2021 15:32
financialounge -  Covid lavoro lavoro agile smart working

Prima del Covid la maggior parte dei lavoratori non aveva mai sperimentato lo smart working. Per la precisione l’80%, secondo un’indagine Fim Cisl-Adapt che ha permesso di conoscere e analizzare le condizioni di lavoro e la percezione dei lavoratori rispetto alle modalità di lavoro agile, diffuso con la pandemia. E più della metà vorrebbe continuare con lo smart working, anche dopo la fine dell’emergenza.

LA METÀ DEI LAVORATORI PROMUOVE LO SMART WORKING


Lavoro agile, smart working oppure telelavoro. Chiamatelo un po’ come vi pare, ma ormai è chiaro a tutti di cosa si sta parlando perché con il Covid lavorare da casa è diventata una (nuova) normalità. Per un lavoratore su cinque l’esperienza dello smart working è “ottima”, per oltre la metà è “positiva” mentre per nessuno è pessima. E il 58% del campione intervistato vorrebbe che lo smart working in futuro adottasse un modello ibrido.

L’INDAGINE


La ricerca di Fim Cisl-Adapt si basa su un campione di 4mila e 862 questionari compilati e rielaborati da lavoratori del settore metalmeccanico. “Un patrimonio d’indagine di assoluto rilievo, raramente raggiunto da indagini simili”, si legge in una nota. Il 63% del campione è formato da uomini e il 37% da donne, prevalentemente da diplomati (37%) o laureati (39%). Il 38% di chi ha risposto al questionario non ha figli, il 56% ne ha uno oppure due, e il 35% ha un’età compresa tra 45 e 54 anni.

AZIENDE IN GRANDI CITTÀ


La maggiore partecipazione all’indagine è arrivata da lavoratori che vivono nelle grandi città come Roma, Milano, Torino, Trieste, Genova e Bologna. Il 62% dei lavoratori è impiegato in aziende con più di 500 dipendenti, soprattutto nei comparti dell’aerospazio, dell’Ict, della produzione di software e nell’automotive. Il 37% lavora a distanza 5 giorni su 5, mentre un altro 12% lo svolge per 4 giorni.

IL SEMAFORO


Il metodo per realizzare l’indagine prevedeva che i lavoratori fornissero, tramite un semaforo, una valutazione sulla sostenibilità dello smart working. Il 45% degli intervistati hanno dato una risposta “verde”, quindi positiva. Il 20%, invece, arancione con qualche criticità, mentre il 35% rosso che significa che nella loro attività di smart working persistono dei problemi importanti da risolvere.

LE DIFFICOLTÀ


Lo smart working piace. Il 58% del campione ha assegnato un voto pari o superiore a 8, con solo il 9,35% che ha valutato in maniera insufficiente l’esperienza. Per il 17% degli intervistati l’esperienza di lavoro agile è stata vissuta con piacere e ha portato a conseguenze positive: il 21% ha registrato una maggiore concentrazione e il 14% ha apprezzato la possibilità di trascorrere più tempo con i figli. Il 10% dei lavoratori ha sofferto la solitudine e l’isolamento dai colleghi, e proprio l’aspetto relazionale è stato quello che è mancato al 25% di chi ha lavorato lontano dall’ufficio.

COME SARÀ: IL MODELLO IBRIDO


Il 58% dei lavoratori vorrebbe mantenere la possibilità di lavorare in modalità smart per due o tre giorni alla settimana, mentre il 28% vorrebbe sempre lavorare da remoto. Soltanto il 3% ha espresso la volontà di tornare a lavorare in presenza. In futuro, dunque, anche quando la pandemia sarà superata, il modello preferito dai lavoratori è ibrido, in grado di conciliare più tempo a casa con qualche giorno in ufficio. “L’indagine ci servirà per continuare a negoziare con Federmeccanica un protocollo giusto e dignitoso sul lavoro agile”, commenta Roberto Benaglia, Segretario generale della Fim Cisl. I risultati definitivi e completi saranno presentati in autunno.
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