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Fidelity International

Dopo la Grande Recessione del 2008 abbiamo imparato la lezione?

La crisi del 2008 ha cambiato non solo la nostra economia, ma anche l’atteggiamento degli investitori. Paras Anand (Fidelity) mette sul piatto differenze e analogie tra i mercati di oggi e quelli di allora.

6 Settembre 2018 07:50

Dieci anni fa il crollo di Lehman Brothers dava il la alla Grande Recessione, una crisi così potente da scuotere le fondamenta stesse dei mercati. Ma da allora, dai fatti del 2008, è cambiata soprattutto la percezione degli investitori di tutto il mondo e dei semplici cittadini.

L'INIZIO DELLA FINE


Stipendi in calo e valutazioni immobiliari in discesa, infatti, hanno impattato in maniera indelebile le economie reali e la vita quotidiana delle famiglie. A dieci anni di distanza da quegli eventi, è lecito farsi almeno due domande. Può succedere ancora? Gli investitori hanno buone ragioni per ritenere che l’economia globale sia fragile

SITUAZIONE DIVERSA


A porre questi interrogativi è Paras Anand, Head of Asset Management Asia Pacific di Fidelity International, che è convinto di una cosa: le valutazioni e le prospettive di lungo termine dei singoli titoli contano di più per gli investitori rispetto alle propensioni della Fed o all’ultimo dato sull’inflazione in Europa. Secondo l’esperto di Fidelity “un’altra crisi come quella scatenata dal collasso di Lehman Brothers non sembra probabile”. Per quale motivo? Innanzitutto perché le cause di fondo della crisi del 2008 sono state affrontate e gestite.

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NUOVE REGOLE PER LE BANCHE


Non solo perché “il sistema finanziario presenta un grado di interconnessione di gran lunga inferiore” e quindi, pur in presenza di aree di turbolenza, il rischio contagio è inferiore. Ma anche perché le regole per le banche – il focolaio della crisi di dieci anni fa – sono cambiate. “Le banche – fa notare Anand – sono oggi provviste di livelli di capitale molto più elevati rispetto al portafoglio prestiti mentre i criteri per la concessione dei prestiti sono diventati più rigorosi”.

TROPPA IMPORTANZA PER LA POLITICA


Tuttavia, gli effetti della crisi del 2008 sono stati talmente potenti da influenzare anche l’atteggiamento degli operatori economici. Per esempio, sottolinea Anand, oggi viene attribuita una maggiore importanza all’analisi macroeconomica e geopolitica, elementi quasi trascurati prima della crisi. “A mio avviso – commenta l’esperto di Fidelity - il piatto della bilancia pende ormai eccessivamente in questa direzione. Nel lungo termine, la correlazione tra eventi macroeconomici, geopolitici e politici, da un lato, e la direzione dei mercati degli asset, dall'altro, è quantomeno debole”. Una teoria che, secondo Paras Anand, è confermata dalla resilienza dei mercati agli eventi potenzialmente negativi come la Brexit e l’elezione di Trump.

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FASI RIBASSISTE DIVERSE


Inoltre, le fasi ribassiste non sono tutte uguali. Basta pensare alla differenza tra la bolla delle dot com del 2000, che aveva coinvolto un modesto numero di investitori senza impattare in maniera decisa sull’economia, e la crisi del 2008. Nel secondo caso, sottolinea l’esperto di Fidelity, “il legame tra economia reale e deflazione dei prezzi è risultato insolitamente forte”. “Investitori e policy maker sembrano aver imparato la lezione” conclude Anand.
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