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L'intervista

“In Italia c’è un buco normativo che scatena i controlli fiscali sui profitti da Bitcoin”

L’avvocato Edoardo Belli Contarini (studio Fantozzi & Associati) spiega a Financialounge.com come si fa a pagare le tasse senza sostituto di imposta sulle criptovalute acquistate tramite gli exchange

di Fabrizio Arnhold 13 Luglio 2021 09:44
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Su e giù. Nelle ultime settimane il Bitcoin è stato sulle montagne russe, con la quotazione che dagli oltre 60mila dollari di aprile 2021, oggi è praticamente dimezzata a 33mila e 500 dollari. Gli esperti e analisti si interrogano se il prezzo delle criptomonete è destinato a salire o scendere ulteriormente nelle prossime settimane. E chi ha realizzato dei profitti, si chiede quante tasse deve sborsare sulle plusvalenze.

“C’È UN VUOTO NORMATIVO”


Domanda per niente scontata: “La normativa tributaria presenta una lacuna - spiega a Financialounge.com l’avvocato Edoardo Belli Contarini, esperto in materia fiscale dello studio Fantozzi & Associati - perché non regola esplicitamente tale fenomeno”. Il motivo sta nel fatto che non si può assimilare la valuta digitale, un asset ibrido per definizione - secondo la normativa antiriciclaggio (d.lgs. n. 231/2007) - “né agli strumenti finanziari, né ai rapporti attraverso i quali possono essere conseguiti differenziali positivi in dipendenza di un evento incerto”, spiega l’avvocato.

VALUTE DIGITALI ASSIMILATE A VALUTE ESTERE


Manca una legge precisa ma, intanto, l’Agenzia delle Entrate non se ne sta ferma ad aspettare. “Tale vuoto normativo non può essere colmato in via interpretativa, neppure dall’Agenzia delle Entrate”, precisa Belli Contarini. Ma tant’è. “Tuttavia quest’ultima, ormai da tempo, sulla base di una discutibile qualificazione giuridica, ha assimilato le ‘valute virtuali’ alle ‘valute estere’, con conseguente estensione del regime di tassazione dei proventi realizzati con le cessioni a pronti di queste ultime anche alle criptomonete”.

SE LE CRIPTO VENGONO ACQUISTATE SULLE PIATTAFORME DI SCAMBIO, COME SI FA A PAGARE LE TASSE SENZA SOSTITUTO DI IMPOSTA?


“Sempre secondo l’orientamento della stessa Agenzia delle Entrate, al verificarsi del relativo presupposto impositivo, indice di speculazione fiscalmente rilevante – cioè giacenza superiore ad un importo di  51.645 euro, secondo il cambio al primo gennaio, per più di sette giorni lavorativi continui - il contribuente dovrebbe autoliquidare e assolvere diligentemente l’Irpef, o meglio l’imposta sostitutiva del 26%, sulle relative plusvalenze, compilando la propria dichiarazione dei redditi”. Gli adempimenti tributari, quindi, sono lasciati al “libero arbitrio” del contribuente che dovrebbe “sua sponte” autoliquidare l’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze realizzate.

I PROVENTI VANNO DICHIARATI NEL 730?


“In particolare va utilizzata la modulistica ad hoc contemplata anche per tale tipologia di plusvalenze nel modello Redditi di dichiarazione e quindi il quadro RT. Ciò detto però, va valutato seriamente di ricorrere al c.d. ‘solve et repete’ ovvero il contribuente, nel dubbio, intanto paga le imposte, anche al fine di scongiurare una deprecabile, ma sempre possibile, irrogazione delle sanzioni per infedele e/o omessa dichiarazione, ferma restando, a mio giudizio, l’incertezza normativa, che rappresenta un fattore dispensante ai fini della disapplicazione delle stesse sanzioni”.

“PAGAMENTO INDEBITO”


“Tuttavia, lo stesso contribuente, reputando, a ragion veduta, l’effettuazione del versamento dell’imposta sostitutiva del 26% un pagamento ‘indebito’, quindi ripetibile nel termine di decadenza di 48 mesi dal pagamento previsto dalla legge, si attiva tramite presentazione all’amministrazione finanziaria di apposita istanza di rimborso e dichiarazione rettificativa a suo favore”. Nel caso l’erario non voglia rimborsare, il contribuente può impugnare il provvedimento negativo dinanzi alla commissione tributaria.

IN CASO DI SUCCESSIONI O DONAZIONI, LE CRIPTO SONO TASSATE?


“A tale dubbio può darsi risposta positiva solo facendo leva sull’ampia locuzione di ‘altri beni’, cui viene data comunque rilevanza impositiva dalla normativa fiscale e sempre che si convenga sulla qualificazione giuridica delle valute digitali sub specie di ‘beni’”.

E IN CASO DI PATRIMONIALE?


“Il prelievo è lasciato al libero arbitrio dl contribuente ovvero all’arbitrio della prassi dell’amministrazione finanziaria, che però non può rincorrere un fenomeno virtuale e sfuggente come le criptomonete. Questo è un compito che a ben vedere spetta in primis, e cum grano salis, al legislatore, che continua però ad essere latitante sull’argomento, avendo regolato la materia ‘a singhiozzo’, solo ai fini dell’antiriciclaggio e del monitoraggio fiscale”. In questo contesto normativo, non è perciò facile convincere un contribuente che ha realizzato guadagni cospicui con le criptomonete a dichiararle, pagando quindi le tasse.

QUALI SONO I METODI DI ACCERTAMENTO DEL FISCO?


“Nel settore del trading delle criptovalute, caratterizzato da forti oscillazioni, la tentazione di eludere il fisco è altrettanto forte. Del resto, va sottolineato, i relativi proventi sono difficilmente intercettabili dall’erario. È possibile tramite un eventuale accertamento bancario, quando e se i guadagni transitano in banca, oppure quando vengono utilizzati per acquistare beni e servizi tracciati, non giustificabili alla luce della dichiarazione dei redditi del contribuente e, quindi, tramite un accertamento tributario".
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