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Bond societari, le banche centrali non bastano: serve una selezione accurata

Jeremy Cunningham (Capital Group) punta sulle aziende più forti di settori come alimentare e comunicazioni per mitigare il rischio di ribasso

di Leo Campagna 24 Aprile 2020 07:45
financialounge -  banche centrali Capital Group corporate bond Jeremy Cunningham Morning News obbligazioni

La tempesta che si è abbattuta sui mercati finanziari a seguito della diffusione del coronavirus nel mondo ha provocato un ampio allargamento degli spread (extra rendimenti rispetto ai titoli di stato) delle obbligazioni societarie. Dal 23 marzo la situazione si è stabilizzata, propiziando un significativo rally dei prezzi, che si muovono in direzione opposta ai rendimenti. Al momento, tuttavia, permane un’enorme incertezza sia nel breve che nel medio termine alla luce del fatto che si sta appena iniziando a quantificare i danni all'economia.

LE BANCHE CENTRALI HANNO ASSICURATO IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA


“Le banche centrali hanno assicurato un funzionamento ordinato del sistema finanziario e questo rende molto più ottimistiche le prospettive dei mercati del credito. Tuttavia, mentre la leva finanziaria continua a crescere, siamo convinti che il modo migliore per navigare in questi tempi incerti resti sempre quello di utilizzare una profonda ricerca fondamentale per selezionare le obbligazioni”, fa sapere Jeremy Cunningham, Fixed Income Investment Director di Capital Group.

TRE FATTORI ATTENUANO IL RISCHIO DELL’ALTO INDEBITAMENTO SOCIETARIO


L’esperto ammette che la situazione dei livelli di indebitamento delle società, in particolare negli Stati Uniti, è preoccupante, ma tre fattori principali ne attenuano gli impatti. “I costi di finanziamento si sono ridotti grazie alla contrazione di 300 punti base (3,0%) dei tassi dei Treasury USA nell’ultimo anno e mezzo. Inoltre i fondamentali delle società investment grade sono in genere solidi mentre la leva finanziaria è concentrata nelle compagnie che possono permettersi questi livelli di indebitamento”, spiega Cunningham.

MENO RIACQUISTI DI AZIONI E DIVIDENDI


A proposito di leva finanziaria, negli ultimi anni si è vista senza dubbio una sua crescita sostenuta nell’universo corporate USA, ma una sospensione di una parte degli 850 miliardi di dollari (valore del 2019), destinati dalle imprese statunitensi al riacquisto di azioni e alla distribuzione agli azionisti, consentirà di gestire meglio gli attuali livelli di indebitamento.

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L’ESEMPIO DELL’ITALIA


Nel frattempo le banche centrali hanno agito in modo rapido e su larga scala, mettendo in campo misure finalizzate a scongiurare il rischio di un crollo del mercato, con effetti significativi di supporto ai mercati regionali del credito investment grade. Ma attenzione a non generalizzare e ad esaminare nel dettaglio le diverse variabili in campo. “L’Italia, per esempio, a fronte di un indebitamento inferiore a quello di altri stati simili per quanto riguarda imprese e consumatori, evidenzia invece un rapporto debito/PIL che dall’attuale 135% - 145% potrebbe spingersi, per gli effetti di questa crisi sanitaria ed economica, fino al 160%. Il sistema bancario negli ultimi anni ha alleggerito il peso delle sofferenze pregresse e non vediamo rischi di downgrade: tuttavia gli istituti restano esposti ai possibili declassamenti del Paese”, puntualizza l’esperto.

AZIENDE FORTI DI SETTORI RESILIENTI PER MITIGARE I RISCHI DI PORTAFOGLIO


Il quale, tornando sugli impatti delle turbolenze scatenate sui mercati del credito a marzo dalla pandemia, ricorda come a soffrire maggiormente siano stati quelli colpiti dal virus e dallo shock del prezzo del petrolio, in particolare energia e auto. “Troviamo ancora opportunità nel settore alimentare e delle bevande, della difesa, della comunicazione e nel farmaceutico, ma – è importante sottolinearlo – solo nelle realtà di più alta qualità. Preferiamo infatti puntare sulle aziende più forti di settori resilienti per mitigare il rischio di ribasso”, conclude Cunningham.
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