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La crisi coronavirus vista da Luca Tobagi di Invesco: economia e politica

Brevi riflessioni sugli effetti, presenti e futuri, della crisi provocata dal coronavirus. Primo focus sulle reazioni delle istituzioni politiche ed economiche

di Antonio Cardarelli 20 Aprile 2020 12:15
financialounge -  BCE coronavirus Invesco Luca Tobagi politica fiscale Unione europea

Un elastico fra possibili scenari futuri, analisi di eventi accaduti realmente e brevi riflessioni sugli aspetti della crisi del 2020 provocata dalla pandemia da coronavirus. In una serie di note dal titolo “Don’t look back in anger”, preso in prestito da una famosa canzone degli Oasis, Luca Tobagi, CFA, Investment Strategist, Product Director di Invesco, prova appunto a “non guardare indietro con rabbia” ma piuttosto a riflettere con serenità e mente aperta dopo (o durante) un periodo difficile per tutti noi.

REAZIONE IMMEDIATA


Ovviamente gli aspetti toccati da una crisi del genere sono molteplici. E Tobagi, in questa sorta di riflessioni pensate come una mini-serie, comincia dall’intreccio tra economia e politica. Secondo l’esperto di Invesco, l’emergenza coronavirus ha portato a una “svolta positiva” per la politica economia e per la politica fiscale. Le lezioni del 2008 e del 2011/12 sembrano essere state assimilate, poiché questa volta le reazioni di Banche centrali, governi e parlamenti è stata improntata su “responsabilità e reattività”.

LIQUIDITÀ ABBONDANTE


Tobagi sottolinea come le autorità di politica monetaria abbiano agito fin dal primo momento “per assicurare abbondante liquidità all’economia e ai mercati finanziari e per sostenere il settore bancario”. Interventi non sufficienti, nell’immediato, a evitare movimenti disordinati su mercati azionari e spread bancari, ma che di fatto avevano “l’obiettivo primario di fornire liquidità alle banche”. E la politica ha finalmente messo sul piatto anche il tanto invocato stimolo fiscale. Pacchetti da migliaia di miliardi in tutto il mondo, diretti e indiretti, tutti etichettati come emergenziali, che secondo l’esperto di Invesco lanciano un messaggio chiaro: ora che la politica fiscale è riuscita a mettere un piede nella porta, difficilmente lo tirerà indietro.

PRIMI PASSI VERSO L’INTEGRAZIONE


Inoltre, sottolinea Tobagi, pur arrancando, finalmente politica fiscale e monetaria sono diventate complementari. Lo dimostra il caso del Pandemic Emergency Purchase Plan della Bce, orientato a sostenere dal lato monetario le iniziative di politica fiscale dei Paesi per contrastare l’impatto del covid-19 sull’economia reale.

LE NOTE NEGATIVE


Tutto bene, quindi? Non proprio. Tornando alla canzone citata da Luca Tobagi, un po’ di “rabbia” rimane. E trattandosi dei fratelli Gallagher, visto come sono andate le cose per Oasis, era facilmente prevedibile. Ma parlando dell’assetto istituzionale dell’Unione europea, più che di rabbia possiamo parlare di diffidenza tra Paesi del Nord e Paesi del Sud, quella che Tobagi chiama “la spina nel fianco più pungente”.

TEMPO NON SFRUTTATO


In questo caso, a differenza di quanto accaduto per la politica monetaria e fiscale, le vicende del 2008 e del 2011/12 hanno insegnato ben poco. “Le ingenti iniezioni di liquidità della Bce fin dai tempi di Draghi hanno comprato tempo per rimediare alle fragilità istituzionali dell’Eurozona, ma non c’è stato verso di convincere la politica ad assumersi la responsabilità di scelte potenzialmente impopolari ma lungimiranti”, commenta Tobagi.

UE AL PUNTO DI PARTENZA


Praticamente, per quanto riguarda l’Unione europea, siamo al punto di partenza. Il coronavirus ha ricordato che la distanza tra Nord e Sud, nel Vecchio Continente, è ancora ampia. Italia, Spagna, Francia hanno chiesto l’introduzione di “coronavirus bond”, Olanda, Germania e altri Paesi nordici hanno risposto con il Meccanismo Europeo di Stabilità. “E se qualcuno prova a ragionare su obbligazioni comuni, la cosiddetta “mutualizzazione delle passività”, e armonizzazione della politica fiscale, c’è qualcun altro pronto a evocare la fine dell’Ue, l’abbandono volontario o l’accompagnamento all’uscita dei Paesi membri”, conclude Tobagi. E senza passi concreti in avanti, per l’Unione europea il rischio può essere un doloroso scioglimento in stile Oasis.
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