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Se Usa e Cina non fanno la pace a pagare sono i nostri Btp

La guerra commerciale ha innescato un’alta volatilità nei mercati che colpisce gli anelli deboli della catena, compresi i titoli italiani. Dall’asta del Tesoro di oggi raccolti 6,5 miliardi ma salgono i rendimenti

di Giancarlo Salemi 15 Maggio 2019 10:48
financialounge -  BTP Guerra commerciale Trump Xi Jinping https://www.facebook.com/au.usembassy.gov/posts/10155938025341383

L'ipotesi di una guerra commerciale a tutto campo rischia di travolgere la debole economia mondiale, innescando una recessione globale, costringendo anche all’intervento delle banche centrali. La Cina non solo ha risposto ai dazi americani ma potrebbe alzare anche il tiro: nel mirino di Pechino potrebbero finire i titoli di stato americani, di cui è il maggior creditore con in portafoglio 1.100 miliardi di dollari di debito a stelle e strisce. Ovviamente se la Cina dovesse decidere di scaricare o di ridurre gli acquisti di treasury le ripercussioni sarebbero mondiali, e il rischio per Pechino sarebbe quello di perdere credibilità a livello globale.

RITORNO DELLA VOLATILITA’ COLPISCE ANCHE I BTP, SPREAD A LIVELLI TROPPO ALTI


“Gli effetti della guerra commerciale sono ancora da valutare – ci spiega Enrico Vaccari responsabile clientela istituzionale di Consultinvest – di fatto Trump con i suoi tweet non parla al mondo ma al suo elettorato, a quel middle west americano che lo ha eletto perché la campagna elettorale per gli Stati Uniti per le elezioni del 2020 è già partita. Il problema è che il ritorno della volatilità colpisce i titoli più deboli come i nostri btp. Lo scenario possibile non a 15 giorni ma a 6-12 mesi è di capire se l’inversione della curva a marzo negli Usa possa anticipare una recessione. Nel tal caso l’atteggiamento delle banche centrali sarà espansivo e, quindi, se dovesse peggiorare il quadro macroeconomico anche la Bce potrebbe di nuovo pensare ad un intervento per comprare titoli italiani”.

ASTA BTP: TESORO COLLOCA 6,5 MILIARDI, MA SALGONO I RENDIMENTI


Una riprova che la volatilità sta colpendo i titoli pubblici arriva dall’asta del Tesoro di ieri che nonostante abbia raccolto 6,5 miliardi di euro ha visto salire i rendimenti. I 2,75 miliardi di Btp triennali sono, infatti, stati assegnati con un rendimento pari all'1,24%, in aumento di 16 centesimi rispetto all'asta precedente, i 2,5 miliardi dei bpt con scadenza a 7 anni sono stati assegnati con un rendimento pari al 2,23%, anche questi in aumento di 17 centesimi e quelli con scadenza a 30 anni invece che vedere una graduale diminuzione – come nelle precedenti aste - sono stati assegnati con un rendimento pressoché invariato del 3,65%.

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OMBRELLO APERTO DELLA BCE PER GARANTIRE MAGGIORE SICUREZZA


Che sia l’incertezza dei mercati a penalizzare il comparto obbligazionario lo pensa anche Jasper Lawler senior market analyst del London Capital Group. “Gli alti livelli di volatilità che abbiamo visto derivano quasi interamente dai commenti e dalle azioni di Trump sulla Cina – spiega - i trader continuano a passare dal tweet al titolo di giornale, dal commento al tweet, mentre cercano di dare un senso a segnali confusi. Il meglio che possiamo sperare in questa fase è un’intesa affinché le parti continuino a parlare. Ma con le tariffe aumentate entrambe le parti vorranno vedere le cose progredire più rapidamente”. Proprio per questo incalza Vaccari è importante “l’ombrello aperto della Bce che garantirà che la volatilità rimanga abbastanza contenuta: dopo le europee i valori fondamentali del debito italiano non saranno quelli rispecchiate dallo spread. Abbiamo un grosso risparmio privato, la situazione delle banche è molto migliorata, pensare che si possano avere delle fiammate come lo scorso anno è poco probabile”.

Dazi, la pace Usa-Cina si allontana


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FINO AL 31 MAGGIO OGNI SFORZO PER TROVARE UN ACCORDO


Nell’escalation della tensione commerciale va tenuto conto di un dettaglio importante: i nuovi dazi americani si applicano solo alle merci che vengono caricate sulle navi in Cina a partire dal 10 maggio scorso, e avranno un impatto solo una volta che queste merci arriveranno negli Stati Uniti. Le merci già in mare dovranno sostenere solo i vecchi dazi del 10%. In media passano circa tre settimane prima che il viaggio si concluda, paradossalmente lo stesso tempo che la Cina si è data per innalzare i suoi dazi contro l’America. “Sono aumentati i dazi, anche se hanno effetto solo sulle merci che ora lasciano la Cina, quindi teoricamente potrebbero essere cancellati prima che qualcuno debba pagare qualcosa” ha sottolineato Kit Juckes, analista di Société Générale. Insomma c’ancora questa metà di maggio per trattare: fino al 31 maggio i mercati sperano in un ravvedimento perché con l’economia internazionale debole a pagare il conto più salato sono i paesi in maggiore difficoltà, Italia compresa. “Penso che un’intesa si troverà – conclude Vaccari – le due principali potenze economiche mondiali non possono prescindere da un accordo commerciale che in questa fase fa bene sia alla Cina che agli Stati Uniti”. Se non si riuscisse ad arrivare ad una soluzione entro questo mese l’altra finestra potrebbe essere il 28-29 giugno durante il G20 di Osaka quando il presidente Trump e quello cinese Xi si incontreranno magari stringendosi la mano e non solo formalmente.
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