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Quell’occasione sprecata sui BTP della BCE

L’idea di usare i BTP custoditi dalla Banca centrale europea circolava da un po’ e magari avrebbe potuto trovare una sua praticabilità. Metterla in piazza l’ha bruciata per sempre.

21 Maggio 2018 08:06
financialounge -  BCE BTP debito pubblico Emmanuel Macron italia Mario Draghi Weekly Bulletin

Giovedì scorso 17 maggio la Norvegia ha celebrato con coloratissime sfilate di studenti e bandiere in piazza l’anniversario numero 204 della ‘liberazione’ dalla Svezia. Il paese dei fiordi era finito sotto il dominio svedese perché insieme ai danesi si era schierato con Napoleone nelle campagne europee dell’imperatore francese, e per punizione, alla sua sconfitta, era stato regalato alla Svezia dagli alleati russo-prussiani. Ma si era subito ribellato ottenendo l’indipendenza. Da notare che in mezzo alle bandiere norvegesi non mancavano quelle francesi, che tra l’altro hanno gli stessi colori. Nove giorni prima i norvegesi avevano celebrato un’altra liberazione, quella dalla Germania nazista l’8 maggio del 1945. A due secoli e passa dalla rivoluzione e da Napoleone, la Francia mantiene un forte appeal ‘liberatorio’ in Europa, a differenza di altri grandi paesi percepiti diversamente. Macron lo sa e ci sta giocando. I continui appelli che sta lanciando in questi giorni agli italiani hanno toni e contenuti totalmente diversi dai richiami alla disciplina che arrivano da altre capitali. Ha in mente l’equivalente del terzo millennio della campagna d’Italia di fine Settecento condotta da un Napoleone ancora solo generale delle armate della Repubblica che cercava di esportare la rivoluzione?

IMPERDONABILE DILETTANTISMO


In attesa che arrivi Napoleon Macron, i politici italiani continuano nello sport preferito dalla categoria: farsi del male. L’idea di fare in qualche modo leva sulle centinaia di miliardi di BTP custodite nei forzieri della BCE grazie al Quantitative Easing di Draghi, per allentare la morsa del debito e il suo peso sulla crescita, circolava da tempo, diciamo almeno molti mesi, in modo assolutamente discreto e sotterraneo. Si facevano in grande riservatezza ragionamenti tecnici e politici, e anche qualche cauto sondaggio a livello europeo. Poi gli aspiranti governanti di Lega e M5S hanno improvvidamente deciso di metterla nero su bianco, in maniera decisamente troppo semplificata, in una bozza di programma di governo resa incautamente pubblica. Il risultato è stato, oltre a quello di una precipitosa ritirata, di aver bruciato per sempre una strada che magari, adeguatamente approfondita ed esplorata, avrebbe anche potuto diventare percorribile. Un ‘maldestrismo’ imperdonabile, che ricorda quello performato da Matteo Renzi con il referendum costituzionale.

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IL PRECEDENTE DI RENZI


Se c’è una cosa di cui l’Italia ha bisogno è una riforma costituzionale che disboschi la burocrazia, semplifichi il processo legislativo e di governo, faccia comunicare tra di loro e con lo Stato centrale le Regioni e gli enti locali e disboschi la giungla di oltre 200.000 leggi e relativi regolamenti che rendono proibito – o consentito – tutto e il contrario di tutto. La riforma di Renzi forse non era la migliore possibile, ma era sicuramente un passo avanti nella direzione giusta. L’ex sindaco di Firenze ha pensato bene di trasformare il referendum in un voto pro o contro Renzi, sperando in un plebiscito a suo favore. Classico caso di vendita della pelle dell’orso prima di averlo cacciato. L’orso si è ribellato e Renzi si è bruciato. Cosa ci voleva a lasciare che il referendum passasse con le sue forze e poi - dopo - metterci il cappello sopra? Il problema è che fare il sindaco di Firenze non è la stessa cosa che guidare il governo di un paese del G7. Non solo, dimenticandosi che perseverare è diabolicum, qualche mese dopo è andato a testa bassa all’attacco della Banca d’Italia, riportando il tema banche, non proprio a lui favorevole, al centro dell’attenzione. Il danno collaterale è stata la catastrofe elettorale del 4 marzo.

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LA MARCIA IN PIU’ DI MACRON


Macron non sarà (ancora) Napoleone, ma una marcia in più rispetto ai Renzi, ai Salvini e ai Di Maio sicuramente ce l’ha. Lui gioca solo al grande gioco, strizza l’occhio a Trump e fa il freddino con la Merkel, anche se sull’Iran sta con gli europei. Ha un progetto europeo che è l’opposto di quello della Merkel e dei ragionieri di Berlino, sul quale però fa gioco di squadra con un certo Mario Draghi. Il quale, detto en passant, deve aver avuto un attacco di bile quando ha visto il progetto di abbattere il debito italiano con i BTP da lui accumulati, esposto al pubblico ludibrio di tutta Europa, a cominciare dai suoi critici berlinesi, su una presunta bozza di un presunto programma di un presunto governo. Proprio con Macron, Draghi sta lavorando al progetto del ‘Fondo di Sicurezza’ europeo, di cui i tedeschi non vogliono sentir parlare. Magari tra le pieghe di quel piano avrebbe potuto trovare posto qualche meccanismo per ‘sterilizzare’ il debito italiano in mano alla BCE. Magari qualche mese o settimana prima della fine del suo mandato a fine 2019. Il maldestrismo degli aspiranti premier italiani ci ha messo sopra una pietra tombale.

BOTTOM LINE


Nel Caffè scorretto di una settimana fa avevamo lanciato il cuore oltre l’ostacolo con la speranza di un’Europa malandata salvata dalla coppia Napoleon Macron-Caesar Draghi. Quello che comunque deve interessare l'investitore, al di là delle  convinzioni politiche, è che i mercati ora ci guardano (e ci guarderanno) con maggior sospetto. Con la conseguenza che le asset class italiane, dai titoli di stato alle azioni di Piazza affari, dalle obbligazioni bancarie ai bond societari, potrebbero continuare a mostrare una maggiore volatilità. Così come abbiamo già scritto, un tagliando al proprio portafoglio sarebbe, ora più che mai, consigliato.

(dalla rubrica “Caffè scorretto” della newsletter settimanale di FinanciaLounge)
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