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Lo spread torna ad essere il protagonista

Lo spread del decennale in rialzo dimostra che gli investitori esteri non si fidano dell’Italia. Tutte le implicazioni sul bilancio statale, Borsa ed economia reale

18 Maggio 2018 10:20
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Siamo ancora lontani anni luce dalla crisi del debito sovrano dell’estate 2011 ma negli ultimi giorni lo spread è tornato protagonista dei mercati finanziari. L’occasione è stata la diffusione di una bozza del cosiddetto contratto di governo (subito dopo bollata come ‘superata’ dagli stessi autori) del programma del possibile futuro governo Movimento Cinquestelle – Lega in cui erano stati previsti due punti sull’uscita dalla moneta unica e sulla cancellazione di 250 miliardi di titoli del debito italiano detenuti dalla BCE.

SPREAD, L’IMPORTANZA DEL DIFFERENZIALE


Lo spread misura il differenziale tra il rendimento dei titolo di stato italiani e quelli tedeschi. In particolare, ci si riferisce al differenziale a 10 anni che è meno sensibile alle manovre della banca centrale europea e più sensibile alle aspettative di sostenibilità del paese nel medio lungo termine. Un allargamento dello spread certifica che gli investitori reputano meno solide le fondamenta dell’Italia (rispetto a quelle della Germania) e quindi pretendono un maggiore tasso di interesse per continuare a investire nei governativi della repubblica italiana. E il passaggio registrato da 130 a 150 punti base (cioè da +1,30% a +1,505) nella giornata di mercoledì 16 maggio, dimostra che gli investitori esteri non si fidano troppo del nostro paese. O, quantomeno, adesso si fidano meno.

LE IMPLICAZIONI PER L’ITALIA


Ma uno spread allargato ha diverse ripercussioni sull’Italia, sia sulle finanze pubbliche e sia sull’economia reale. Sulle finanze pubbliche ogni punto percentuale di interessi in più da pagare significa circa quattro miliardi per quest’anno in più da mettere in conto nel bilancio dello stato e, a regime, fino a 23 miliardi di euro (se l’aumento del tasso rimanesse confermato per i prossimi 6-7 anni). Più soldi dello stato per interessi da pagare significa meno risorse da destinare all’economia reale: dalla scuola alle infrastrutture, dalla giustizia alla sanità, dal lavoro agli ammortizzatori sociali. Oppure, a parità di risorse da destinare a tutte queste voci di bilancio, significa prevedere maggiori tasse.

PROBLEMI PER LE AZIENDE E PER IL LAVORO


Rendimenti più alti dei titoli di stato a medio lungo termine, significano però anche tassi di interessi maggiorati per le società italiane per ripagare i propri debiti e quindi un ulteriore danno competitivo per le imprese e per il made in Italy e, a cascata, per l’occupazione. Le ripercussioni hanno effetti sul mercato obbligazionario italiano con rendimenti in rialzo e prezzi dei bond e dei titoli di stato in ribasso (visto che le quotazioni si muovono in direzione opposta all’andamento dei rendimenti) in misura tanto maggior quanto più lunga è la scadenza del titolo.

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QUANTO COSTA UN RIALZO DEI TASSI


Facciamo un esempio pratico. Tra venerdì 11 maggio e mercoledì 16 maggio il BTP a tre anni (scadenza 1.8.2023, codice ISIN: IT0004356843) e quello a 10 anni (scadenza 11.9.2028, codice ISIN: IT0004889033) hanno visto aumentare il loro rendimento di 17 punti base (+0,17%) ma mentre il primo ha registrato un calo del prezzo dello 0,77% il BTP decennale ha perso quasi il doppio (-1,45%).

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BANCHE PENALIZZATE IN BORSA


La disaffezione degli investitori internazionali verso gli asset dell’Italia implica anche vendite dei titoli azionari di Piazza Affari. Con una particolare predilezione verso i titoli delle banche: nella giornata di mercoledì 16 maggio, a fronte di una situazione di fondo piuttosto calma in Europa (indice STOXX 600: +0,21%), l’indice FTSE MIB ha segnato un calo del -2,3% (dopo essere arrivato a perdere fino a -2,7% nel corso della seduta) con l’indice del settore bancario a -3,68%. La ragione è semplice. Gli istituti di credito del nostro paese hanno in cassaforte una ingente quantità di titoli di stato italiani: se i prezzi di questi titoli perdono quota, in parallelo diminuisce di valore la loro partecipazione in portafoglio alle banche.
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