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Brexit

Brexit impossibile da “pesare”, meglio concentrarsi sulle valutazioni

Secondo Richard Colwel ldi Columbia Threadneedle Investments la Brexit potrebbe essere un evento sopravvalutato: per questo motivo possono aprirsi nuove opportunità sul listino azionario del Regno Unito.

31 Gennaio 2018 09:37
financialounge -  Brexit Regno Unito Richard Colwell

I timori relativi al calo della sterlina e alle prospettive economiche per il Regno Unito riconducibili alle ripercussioni negative dei negoziati sulla Brexit hanno influito sulle azioni del listino londinese e nelle scelte di portafoglio degli investitori internazionali. Infatti la loro esposizione è scesa ai livelli ridotti del 2009, cioè quando il sistema bancario del Regno Unito era a rischio. Tuttavia, secondo Richard Colwell, Responsabile azioni britanniche di Columbia Threadneedle Investments, è altrettanto vero che la situazione che si è venuta a determinare ha schiuso nuove opportunità per il 2018.

“Per gli investitori attivi, non contano i flussi di notizie ma le valutazioni. È impossibile prevedere in che modo procederanno i negoziati sulla Brexit o in che modo incideranno sull'economia” specifica Richard Colwell, che ricorda come il mercato azionario del Regno Unito sia il terzo maggiore al mondo e che vi siano quotate una folta schiera di società multinazionali, per cui non si limita a riflettere le sorti britanniche.

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“Oltre il 70% del fatturato delle società incluse nell'indice FTSE 100 proviene da altri paesi. Questi titoli scambiano a sconti elevati rispetto ai loro omologhi europei e statunitensi, il che offre alle azioni britanniche un cuscinetto in grado di proteggerle contro gran parte delle flessioni anticipate” puntualizza Richard Colwell, per il quale sono sostanzialmente due le ragioni dell’attuale sottovalutazione della Borsa di Londra: l’incertezza sulla Brexit e le possibili turbolenze nel settore tecnologico.

“Se è vero che gli investitori stanno spingendo al rialzo i prezzi dei titoli tecnologici, si può altrettanto notare che stanno penalizzando le aziende percepite come vittime di turbolenze legate alle tecnologie. Dall’inizio dello scorso anno a oggi (26 gennaio 2018), l'indice tecnologico statunitense Nasdaq 100 è salito di circa il 40%. Oltre il 40% del Nasdaq è rappresentato da soli cinque titoli, per cui ogni volta che si acquista un ETF sul Nasdaq, si acquistano automaticamente ulteriori quote di tali titoli, incrementando ulteriormente tale dinamica” spiega Richard Colwell.

Molte aziende della ‘old economy’, ricorda Colwell, sono finite sotto pressione a causa della minaccia che Amazon e altre piattaforme analoghe rappresentano per i modelli aziendali ormai consolidati. Ma, con ogni probabilità, la reazione del mercato è spesso stata eccessiva, e gli investitori attivi hanno la possibilità di individuare aziende percepite come vittime di tali difficoltà che però sono in grado di adeguare i loro modelli operativi per sopravvivere, o che forse possono contare su flussi di cassa che si dimostreranno sorprendentemente solidi. Secondo Richard Colwell attualmente si avvertono reminiscenze del biennio 1999-2000, come dimostra il fatto che il mercato britannico non era così conveniente rispetto agli Stati Uniti da 17 anni.

“Si possono pertanto considerare le azioni britanniche alla stregua di una scommessa su due diversi scenari per il 2018. Se si assisterà a un'impennata delle azioni a livello globale, allora a un certo punto le azioni britanniche dovrebbero risultare in recupero. Se, però, si verificasse una correzione delle azioni globali, allora le azioni britanniche dovrebbero dimostrare una migliore tenuta in virtù delle loro basse valutazioni e del fatto che sul mercato britannico non vi sono investimenti speculativi (i cosiddetti ‘hot money’)” specifica Richard Colwell, convinto sulla capacità di trovare interessanti opportunità di valutazione nel 2018 concentrandosi sui fondamentali societari.

“Dopo un anno di netta sovraperformance dei titoli growth, e segnatamente rispetto ai giganti tecnologici USA, è comprensibile chiedersi se i classici principi di investimento che hanno funzionato così bene nel corso del tempo potranno tornare a farlo in futuro. A lungo termine, i principi del value investing si sono però sempre rivelati molto robusti” conclude Richard Colwell.
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