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Idee di investimento – Obbligazioni – 30 ottobre 2017

30 Ottobre 2017 09:45
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Che il portafoglio debba essere diversificato è fuor di dubbio, ma non deve risolversi con il banale rito delle uova in tanti panieri, quanto piuttosto in una intelligente e sapiente allocazione delle risorse, che rispettino i criteri della decorrelazione tra classi di attivo e settori. “Potremmo allora fare ricorso a nuovi elementi, che rendano i portafogli bilanciati un mix tra le strategie direzionali (motore della performance), e le strategie ‘long/short’ o ‘total return’, che cercano fonti di rendimento in modo indipendente dalle prime. Componenti che daranno al portafoglio non caratteristiche di invulnerabilità, impossibile, ma di anti-vulnerabilità”, è il consiglio, nell’articolo “La decorrelazione efficace è la vera sfida dei portafogli bilanciati”, di Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR.

All’interno delle obbligazioni societarie, Richard Turnill, BlackRock’s Global Chief Investment Strategist, preferisce le esposizioni in emittenti di qualità e favorisce gli Stati Uniti all’Europa, dove le valutazioni risultano più tirate con un minore potenziale di reddito e una maggiore sensibilità ai tassi di interesse. Lo strategist, come ha modo di spiegare nell’articolo “Mercato azionario, profilo di rischio/rendimento migliore del credito”, si aspetta che i tassi si muovano gradualmente a livello mondiale: per questo ha una posizione sottopesata sulla duration (scadenza media dei titoli in portafoglio) ma vede le obbligazioni governative a lungo termine come utili diversificatori di portafoglio.

In ogni caso, in questa fase del ciclo economico e del credito, il mercato globale delle obbligazioni societarie resta interessante ma necessita di specifiche scelte settoriali. Ecco perché. Alasdair Ross, Responsabile obbligazionario investment grade di Columbia Threadneedle Investments, sul settore delle obbligazioni societarie, adotta adesso un approccio più difensivo rispetto a un paio di anni fa ma mantenendo un portafoglio aperto alle opportunità presenti a livello globale e non unicamente alle emissioni in dollari USD, in euro e in sterline. “Lo spread (extra rendimento rispetto ai titoli di stato) ottenuto investendo in obbligazioni societarie si è ristretto notevolmente dall’inizio dell’anno scorso, il che alimenta l’idea di un mercato sopravvalutato. In realtà, nel contesto storico degli ultimi 10 anni, gli spread delle emissioni societarie sono piuttosto prossimi alla media” specifica nell’articolo “Obbligazioni societarie, più titoli dei settori difensivi e meno bancari” Alasdair Ross.

Positivo sugli high yield europei è pure il team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management, secondo il quale il confronto con i prestiti a leva (quali, per esempio, i leveraged loan in euro erogati a supporto di operazioni di leveraged buyout da parte di private equity, ndr) mostra che le obbligazioni high yield europee sono ancora interessanti anche grazie alla liquidità e ai buoni fondamentali. “Esistono spazi per un ulteriore restringimento degli spread mentre il quadro macro potrebbe rafforzare ancora di più questa ipotesi: la Banca Centrale Europea ha lasciato intendere chiaramente la propria intenzione di evitare un rialzo dei tassi di interesse fino all’inizio del 2019, e questo fa pensare che probabilmente la ricerca di rendimento proseguirà” dichiara il tea nell’articolo “High yield Europa, la ricerca di rendimento proseguirà".

D’altra parte, come rileva nell’articolo “Europa, il rafforzamento strutturale dell’economia adesso offre solide garanzie”, Nicolas Forest, Global Head of Fixed Income Management di Candriam Investors Group, le prospettive economiche non sono mai state così favorevoli in Europa. “Dopo diversi anni di difficoltà, la valuta europea si candida a diventare un vero porto sicuro. Certo, il mercato forse è molto compiacente, tendendo a ignorare il rischio catalano e quello relativo alle elezioni italiane, ma il rafforzamento strutturale dell’Europa è innegabile. In tale contesto, appare probabile che nel 2018 l’euro tornerà a un livello di equilibrio di 1,20 sul dollaro americano” afferma Nicolas Forest.

Intanto, nel lungo periodo, il debito emergente dovrebbe garantire ancora buoni rendimenti, ma la volatilità salirà mettendo a dura prova i sottoscrittori dei fondi passivi. Attualmente, i bond dei paesi in via di sviluppo in valuta locale rendono il 6,0% e quelli espressi in dollari USD il 5,2%. “Secondo i nostri strategist, per i prossimi cinque anni il debito emergente offrirà un rendimento annuo dell’8,1% in valuta locale e del 3,3% in valuta forte (in USD), in quanto il mercato beneficerà dell’attenuazione delle pressioni inflazionistiche e di una solida crescita congiunturale. Per contro, i bond dei Paesi sviluppati genereranno un rendimento annuo complessivo pari solo all’1,7%”, esplicita nell’articolo “Debito emergente, perché preferire adesso la gestione attiva” Simon Lue-Fong, Head of Emerging Debt di Pictet Asset Management che, tuttavia, raccomanda di prestare la massima attenzione alla volatilità.
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