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Debito emergente, perché preferire adesso la gestione attiva

Nel lungo periodo il debito emergente dovrebbe garantire ancora buoni rendimenti, ma la volatilità salirà mettendo a dura prova i sottoscrittori dei fondi passivi.

24 Ottobre 2017 09:40
financialounge -  benchmark debito emergente gestione attiva Pictet Simon Lue Fong volatilità

In un mercato obbligazionario, che resterà ancora per parecchio tempo poco redditizio, i titoli del debito emergente dovrebbero essere tra le poche fonti di rendimento potenzialmente interessanti.

Attualmente, i bond dei paesi in via di sviluppo in valuta locale rendono il 6,0%  e quelli espressi in dollari USD il 5,2%.

“Secondo i nostri strategist, per i prossimi cinque anni il debito emergente offrirà un rendimento annuo dell’8,1% in valuta locale e del 3,3% in valuta forte (in USD), in quanto il mercato beneficerà dell’attenuazione delle pressioni inflazionistiche e di una solida crescita congiunturale. Per contro, i bond dei Paesi sviluppati genereranno un rendimento annuo complessivo pari solo all’1,7%”, specifica Simon Lue-Fong, Head of Emerging Debt di Pictet Asset Management che, tuttavia, raccomanda di prestare la massima attenzione alla volatilità.

“Di questi tempi è facile per gli investitori non tener conto dell’importanza di proteggersi adeguatamente contro i possibili ribassi del mercato. Farsi prendere dall’euforia può rivelarsi rischioso, soprattutto quando si tratta di strumenti periodicamente soggetti a volatilità come i bond emergenti”, puntualizza, infatti, Simon Lue-Fong, secondo il quale emergono varie ragioni per pensare che in futuro un approccio tradizionale e sensibile al rischio possa rivelarsi migliore nell’ambito del debito emergente.

“A nostro parere l’asset class non si presta facilmente agli investimenti passivi. Per esempio, perché quando i Paesi emettono nuove obbligazioni la loro ponderazione negli indici aumenta, costringendo i fondi indicizzati ad assumere posizioni più consistenti su asset potenzialmente molto rischiosi. Senza trascurare, poi, la questione della reale efficienza del mercato del debito emergente”, spiega Simon Lue-Fong per il quale, inoltre, molti ETF passivi non colgono le numerose opportunità interessanti rappresentate dalle emissioni dei paesi esclusi dagli indici, che, ad esempio, sono stati relativamente lenti nel promuovere i mercati di frontiera alla categoria superiore.

Le strategie di Pictet Asset Management nel debito emergente mirano a superare i rispettivi benchmark nel lungo periodo, anche assicurando la conservazione del capitale nelle fasi di volatilità.

Tradotto in pratica, significa essere sensibili ai fattori macroeconomici e politici nonché a variazioni estreme del sentiment: una gestione che ha portato, nei mesi scorsi, ad assumere un approccio cauto in questa asset class.

Simon Lue-Fong sostiene, infatti, che gli investitori farebbero bene a sacrificare una parte dei rendimenti nelle fasi rialziste, al fine di riuscire, a cavalcare il ciclo economico e mantenere i propri guadagni nelle situazioni di turbolenza sui mercati.

“Minimizzare le perdite in caso di mercati ribassisti fa sì che gli investitori non debbano vendere nel momento peggiore, ovvero dopo una netta flessione. Ugualmente, i gestori prudenti sono meno inclini a investire in maniera aggressiva in mercati effervescenti e pertanto tendono a sottoperformare nei periodi di eccessivo ottimismo”, conclude Simon Lue-Fong.
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