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Bank of Japan

Obbligazioni, ancora valide per investire ma con una strategia in tre punti

Dopo i meeting BCE, BoJ e Fed, le obbligazioni restano interessanti ma con una strategia in tre punti: duration, ricerca di qualità e diversificazione a livello globale.

23 Settembre 2016 09:22
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La politica monetaria sembra perdere progressivamente quel livello di trazione sulle economie che è stato determinante in questi ultimi anni. Ne è convinta sempre di più Maria Paola Toschi, Market Strategist di JP Morgan Asset Management, soprattutto dopo gli ultimi meeting di BCE, Bank of Japan e Fed.

“I mercati, inoltre, rischiano di essersi assuefatti all’azione monetaria e sembrano diventati incapaci di trovare altre fonti di ispirazione legate ai fondamentali e ai temi economici che dovrebbero invece alimentare le scelte d’investimento” precisa la strategist secondo la quale prima o poi si dovrà spezzare questo vincolo vizioso tra fiducia dei mercati e politiche di assistenza monetaria. Per l’Europa è presto ma non per gli Stati Uniti no: una Fed più audace potrebbe dare un segnale forte di ritorno alla normalità e di uscita dall’emergenza monetaria.

“Per ora è ancora un buon momento per investire in obbligazioni scegliendo una strategia che si può sintetizzare in tre punti: duration (selezionando opportunamente la scadenza dei titoli), ricerca di qualità e di rendimento con approccio di diversificazione a livello globale” sostiene la strategist. Raccomandazioni alla luce anche delle ultime decisioni delle tre principali banche centrali.

La BCE ha mantenuto invariato il pacchetto di misure perchè dopo Brexit l’economia della zona Euro, sembra tenere e non ci sono segnali di evidente deterioramento. Draghi ha in ogni caso confermato l’intenzione di proseguire l’azione di allentamento quantitativo anche oltre marzo 2017, nel caso di necessità e se l’inflazione non dovesse schiodarsi dallo zero per avvicinarsi al target del 2%, allungando il periodo della propria azione monetaria.

La Fed, dal canto suo, pur lasciando invariati i tassi (nonostante il mercato del lavoro e l’inflazione avrebbero potuto giustificare un rialzo già a settembre), ha riconosciuto i progressi economici ma ha esplicitamente detto di voler vedere segnali più concreti di rafforzamento prima di muoversi. In pratica, la Fed conferma la massima cautela, che dovrebbe proseguire pure in futuro, ed evidenzia una certa riluttanza nell’alzare i tassi dal momento che teme i rischi di destabilizzazione che potrebbero derivare da una sua azione restrittiva svolgendo di conseguenza un ruolo di garante della stabilità globale che va oltre il proprio mandato.

La Banca del Giappone (BoJ) ha modificato l’approccio di politica monetaria chiamandolo «allentamento monetario quantitativo e qualitativo con controllo della curva dei tassi» e ha introdotto un «target di livello dei tassi» con il rendimento del bond governativo a 10 anni intorno allo 0% lasciando invariato tutto il resto della manovra di stimolo monetario piuttosto complessa che include anche gli acquisti di ETF e J-REIT (fondi immobiliari giapponesi quotati in Borsa).
Questo nuovo annuncio è stato recepito positivamente dai mercati in quanto gli acquisti di bond e la crescita della base monetaria sembrano più sostenibili con la introduzione del target sui tassi e perchè la BoJ ha recepito i timori dei mercati sulla profittabilità delle banche commerciali e su altre istituzioni finanziarie circa l’introduzione di tassi negativi avvenuta a gennaio.

Tirando le somme, tutte queste misure hanno mostrato effetti positivi sui mercati: i mercati obbligazionari continuano ad essere estremamente attraenti grazie all’azione di acquisto delle banche centrali che stanno portando i tassi sempre più basso e i prezzi sempre più in alto, mentre i mercati azionari continuano ad essere rassicurati da questo approccio estremamente accomodante.

Ma, si chiede Maria Paola Toschi, quali sono i rischi, i limiti e le incognite di questa situazione? Siamo sicuri che sia corretto proseguire ancora su questa strada? “Molti osservatori cominciano a credere che gli effetti di stimolo di queste misure sull’economia reale siano modesti” commenta Maria Paola Toschi. D’altra parte sia nel caso del Giappone che degli Stati Uniti il livello della disoccupazione è molto basso (rispettivamente pari al 5 e 3%), in pratica vicino alla piena occupazione e gli output gap (il differenziale tra PIL effettivo e quello potenziale) si sono notevolmente ridotti.

“Parliamo di due economie molto diverse con problemi diversi, ma in entrambi i casi il ruolo della politica monetaria di stimolo della domanda aggregata potrebbe essere vicino alla fine” spiega la strategist che poi sottolinea come la prolungata situazione di tassi bassi e negativi creata dalle banche centrali possa mettere a rischio alcuni importanti settori economici.

“Banche e assicurazioni continuano a vedere compressa la propria redditività per effetto dell’assenza di margini o di rendimenti. Anche i risparmiatori vedono ridotte le proprie risorse derivanti dagli investimenti tradizionali proprio per effetto dei bassi rendimenti” puntualizza Maria Paola Toschi secondo la quale l’alternativa percorribile sembra essere costituita dagli stimoli fiscali in combinazione, soprattutto in Europa, alle riforme strutturali. “Ma i tempi della politica sono lunghi e incerti e la resistenza al cambiamento è evidente in molti paesi europei come Francia e Spagna” ammette la strategist.

** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da J.P. Morgan Asset Management

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