Abenomics

Perché il Giappone rimane prigioniero di una persistente incertezza

7 Giugno 2016 09:56

financialounge -  Abenomics Christophe Bernard giappone inflazione Shinzo Abe Vontobel
lentamento monetario a tutto campo, la politica di bilancio espansiva e le riforme strutturali rappresentano le cosiddette «tre frecce» del premier nipponico Shinzo Abe. Il suo programma era teso a risvegliare il Giappone dal suo torpore deflazionistico durato ormai 20 anni e ravvivare le prospettive di crescita economica ma le tre frecce non hanno ancora centrato il loro bersaglio e stimolato l’economia nipponica: in pratica, nonostante i progressi compiuti, la terza economia mondiale rimane prigioniera di una persistente incertezza.

In particolare, si registra uno scarso successo nello stimolare l’inflazione il cui obiettivo prioritario è quello di attestarsi alla soglia del 2 per cento. Obiettivo mancato sebbene siano stati ottenuti dei risultati sia nel sostanziale deprezzamento dello yen e sia nel miglioramento della corporate governance aziendale.

A frenare le aspettative di rialzo dell’inflazione in Giappone concorrono diversi fattori ma alcuni sono interni e strutturali. Un esempio emblematico è il chiaro rallentamento degli aumenti salariali in settori importanti come l’industria automobilistica ed elettronica.

Inoltre, mentre si è manifestata la riluttanza dei dipendenti bancari a chiedere aumenti di stipendio, la dinamica di crescita del Paese è stata frenata anche dall’infelice decisione del governo di alzare l’imposta sul valore aggiunto (IVA) nell’aprile 2014 e dal rallentamento dell’economia cinese. Sebbene anche altre banche centrali siano angustiate dal problema di una politica monetaria sempre meno efficace, la situazione in Giappone è particolarmente grave a causa dell’onere del debito (rapporto debito-PIL al 250 percento) e dell’entità del deficit di bilancio (6,7 percento del PIL). In un tale contesto, ulteriori misure di stimolo sembrerebbero quantomeno insolite, eccetto un eventuale rinvio dell’aumento dell’IVA previsto per il 2017.

Infine, le sfavorevoli tendenze demografiche e l’accettazione della deflazione da parte della popolazione (in particolare i pensionati) rappresentano un forte vento avverso per le politiche reflazionistiche. Sarebbe tuttavia prematuro annunciare la disfatta dell’economia giapponese.

“Bisogna infatti considerare il surplus strutturale della sua bilancia delle partite correnti, che è di nuovo in rialzo da quando le centrali nucleari stanno riprendendo gradualmente la loro attività” puntualizza Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel, secondo il quale il governo, inoltre, può attingere all’immensa ricchezza accumulata dalle famiglie giapponesi. La Bank of Japan, peraltro, finanzia il deficit di bilancio essenzialmente acquistando una vasta quota dei titoli di Stato di nuova emissione, mentre mantiene i tassi di interesse a livelli molto bassi.

“D’altra parte è doveroso ricordare che la prospettiva di una sovraperformance delle azioni nipponiche è diventata eccessivamente dipendente dai movimenti dei cambi. Gli operatori di mercato non dovrebbero aspettarsi un forte deprezzamento dello yen rispetto agli attuali livelli, perché la valuta nipponica rimane relativamente a buon mercato anche dopo i recuperi di quest’anno. Questo è il motivo per il quale abbiamo chiuso la nostra posizione sovrappesata nelle azioni giapponesi” rivela infine Christophe Bernard.

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