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Borsa di Tokyo

Il maxi-ordine alla Borsa di Tokyo pari al PIL della Svezia

3 Ottobre 2014 11:05
financialounge -  Borsa di Tokyo toyota
Ore 9.25 del 1 ottobre 2014. Sulla piattaforma OTC di Tokyo (il listino over the counter in cui avvengono operazioni di compravendita di titoli tra intermediari istituzionali che non figurano nelle Borse valori ufficiali) pervengono 40 richieste di transazioni azionarie. Fin qui nulla di assolutamente insolito. Quel che normale non è affatto sono le dimensioni degli ordini a cominciare da quello, per complessivi 12.680 miliardi di yen (pari a 91,5 miliardi di euro) di titoli Toyota Motor, cioè l’equivalente del 58% circa di tutte le azioni in circolazione del colosso automobilistico nipponico.

Il totale delle 40 richieste di transazioni ammonta a complessivi a 490 miliardi di euro, cioè circa la ricchezza nazionale annua della Svezia. Si è trattato, manco a dirlo, di un errore di un membro autorizzato ad inserire gli ordini sulla piattaforma: richieste che, subito dopo l’input, sono state annullate dal sistema. Secondo Sumiyo Yamamoto, vice presidente di Jefferies Japan Ltd, l’ordine non sarebbe comunque stato eseguito sia per la quantità enorme sottostante che non avrebbe trovato una controparte e sia per le regole della piattaforma che da tempo alcuni minuti a chi inserisce i dati di verificare l’ammontare esatto dei controvalori e dei titoli indicati.

Nel febbraio 2009 UBS inserì un ordine di acquisto errato per 3.000 miliardi di yen (21,6 miliardi di euro) sui bond di una nota casa di videogiochi (Capcom) sul mercato giapponese: anche in questo caso l’ordine fu cancellato e UBS riuscì ad evitare danni economi. Ma non sempre è così. In passato è successo che si siano verificati errori clamorosi nell’inserimento degli ordini sulle piattaforme azionarie con pesanti contraccolpi per chi li ha commessi.

Nel 2005, una filiale di Mizuho Financial Group non è stata in grado di annullare un ordine compilato male per conto della J-Com Co, pagando danni per 27 miliardi di yen (195 milioni di euro). Uno dei più grandi market maker (gli intermediari finanziari incaricati di pubblicare prezzi e quotazioni di titoli e strumenti finanziari quotati nella borsa valori) americani, Knight Capital Group, ha sfiorato il fallimento nell’agosto 2012, quando i suoi computer hanno inondato di ordini errati i mercati. In quel caso, le transazioni sono state accettate causando centinaia di milioni di dollari di perdite per Jersey City, società con sede nel New Jersey.
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