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Avanti tutta su azioni e bond emerging markets

4 Giugno 2014 09:10
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Il calo della domanda globale proveniente dal rallentamento della crescita in Cina, Asia e America Latina è il fattore di freno all’Europa che è prevalentemente orientata all’export. Inoltre, alla luce del deludente dato del PIL americano del primo trimestre, sarà un successo se la crescita USA raggiungerà il 2 % per tutto l'anno 2014 rispetto al 2,7% atteso.

In questo contesto, Maurizio Novelli, Global Strategist di Zest Asset Management ritiene che ci siano tutte le condizioni per una seconda parte dell’anno favorevole alle azioni e alle obbligazioni dei paesi emergenti e ad alcune strategie valutarie che premino l’apprezzamento delle valute dei paesi in via di sviluppo a discapito del dollaro Usa e dello yen giapponese.
“Cominciano a diffondersi tra gli operatori i primi dubbi sulla capacità dell'economia USA di svolgere quell'effetto trascinamento del ciclo mondiale che tutti attendono. A questo punto i mercati dovranno prendere atto della debolezza strutturale del ciclo e rivedere ulteriormente al ribasso la crescita dei profitti attesi anche per l'anno in corso. I fattori che frenano l'economia UE non sono solo interni ma dipendono ora e più che mai anche da un calo della domanda globale proveniente dal rallentamento della crescita in Cina, Asia e America Latina. Poiché l'Europa è oggi un area più orientata all'esportazione che ai consumi interni, è evidente che un rallentamento dell'export non promette bene per il consolidamento della ripresa nei mesi a venire” fa presente Maurizio Novelli per il quale i rischi che l'attuale situazione in Europa possano trasformarsi in un processo deflattivo sono molto concreti e la BCE è già oggi in clamoroso ed evidente ritardo (come il Giappone negli anni '90) nel cercare di contrastarli: infatti il bund tedesco sembra confermare questo scenario, dato che i tassi sui dieci anni continuano a scendere da circa tre mesi nonostante le attese di QE (quantitative easing) in Europa.

Negli Stati Uniti, invece, sarà un successo se la crescita raggiungerà il 2% per tutto l'anno 2014 rispetto al 2,7% atteso ed i mercati prenderanno atto che la Fed non ha nessuna possibilità di modificare la politica monetaria.
Le attese per un aumento dei tassi si sposteranno dal 2015 al 2016 e tutto rimarrà così ancora per molto tempo.
“Il dollaro ha abbozzato un recupero verso l’euro in attesa delle mosse di Draghi ma sarà difficile che potrà rafforzarsi ulteriormente e molto probabilmente tornerà a scendere appena superato il meeting BCE di giugno. A mio parere, questo contesto di bassa crescita e tassi ancora bassi e fermi per molto tempo inizierà a produrre un ambiente estremamente favorevole ai carry trades. Gli investitori inizieranno quindi a ricomprare bond e divise emergenti, dove i rendimenti offrono un carry interessante, e naturalmente anche Equity Emerging. Dovrebbe quindi riproporsi per le asset class emerging un contesto favorevole per recuperare le deludenti performance degli ultimi tre anni e che si concretizzeranno con un parziale recupero delle svalutazioni sulle divise, una chiusura degli spread e un rialzo delle borse” sottolinea Maurizio Novelli.

Si ricorda che il carry trade è l’operazione tramite la quale un investitore vende titoli di un Paese con un costo del denaro basso e, in contemporanea, utilizza queste risorse prese a prestito per investire in strumenti finanziari di un altro Paese con tassi di intesse più elevati o in opportunità a più alto rischio come per esempio azioni, bond e materie prime.
Il flusso di entrata sulle asset class emering markets è nelle sue fasi iniziali ma Maurizio Novelli è convinto che possa rappresentare il tema d'investimento per il resto del 2014, dove una crescita deludente in USA e UE eserciterà un freno alla prosecuzione del trend di rialzo delle borse iniziato dodici mesi fa.
“Gli investitori più attivi sui carry trades sono i giapponesi e i fondi hedge americani. Mi attendo quindi l'inizio di una fase di deflusso di capitali da Giappone e Stati Uniti che produrrà un ulteriore indebolimento dello yen e del dollaro Usa nei mesi a venire: flussi che si indirizzeranno selettivamente verso le asset class emergenti. In coerenza con tale scenario abbiamo aumentato le nostre esposizioni equity long (rialziste) emerging markets, ci siamo posizionati sui mercati obbligazionari in divisa locale dell’America Latina e abbiamo aumentato la duration sui bond denominati in dollari Usa dei paesi in via di sviluppo. In un contesto dominato dai carry trades il recente rafforzamento dello yen, è una opportunità per aprire posizioni short (al ribasso) sulla divisa giapponese e allungare ulteriormente le posizioni long ( al rialzo) su equity Japan che, dopo alcuni mesi di correzione, si appresta a beneficiare di una ulteriore fase di debolezza dello yen” puntualizza Maurizio Novelli.
Le posizioni d'investimento sui mercati azionari del fondo Global Strategy di Zest Asset Management esprimono questa strategia ed evidenziano quindi posizioni long (al rialzo) sull’equity dei Paesi emergenti e del Giappone e short (al ribasso) sull’azionario Francia e Regno Unito, con una posizione complessivamente netta long ( al rialzo) del 7%.

“Per quanto riguarda le strategie obbligazionarie abbiamo recentemente venduto le nostre posizioni sui BTP e Bonos per entrare sui mercati obbligazionari emergenti sia in dollari Usa che in divisa locale. Credo che il valore offerto dagli spread dei titoli periferici rispetto a quello di alcuni mercati emergenti si sia ormai spostato verso questi ultimi e la persistente debolezza della crescita in Europa potrebbe frenare ulteriori significativi miglioramenti” rivela Maurizio Novelli che sul fronte valutario continua a sostenere la tesi di un dollaro debole e un euro forte.
La recente debolezza dell'euro, per Maurizio Novelli, è più dovuta alle aspettative di potenziali interventi di QE da parte di BCE (che rimangono attualmente più di natura verbale che effettiva), dato che il contesto economico americano non sembra confermare le attese di un futuro aumento dei tassi USA.
Inoltre in un quadro congiunturale favorevole ai carry trades le divise più deboli sono solitamente lo yen e il dollaro USA , dove appunto si intensificano tali strategie valutarie da parte degli investitori istituzionali giapponesi e americani: l’euro sembra quindi più predisposto a svalutarsi verso le divise dei paesi emergenti che verso il dollaro Usa e lo yen.

“Nel complesso la situazione macro non sembra modificarsi in modo significativo e le aspettative di un ritorno alla crescita secondo i parametri del passato andranno nuovamente deluse anche nel 2014. A questo punto sarebbe opportuno chiedersi se i tassi bassi continueranno ad essere un elemento sufficiente per fornire nuovo carburante ai mercati azionari USA che continuano ad essere l'unico fattore di trascinamento dei listini Europei” conclude Maurizio Novelli.
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