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Spazi significativi per una sovraperformance dell’Italia

14 Aprile 2014 09:50
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Nonostante il mercato azionario italiano abbia notevolmente sovraperformato negli ultimi sei mesi, è stato recuperato solo una parte dell’andamento negativo dell’ultimo decennio, con la performance del FTSE MIB che risulta ancora inferiore del 42% rispetto a quella dell’MSCI Europe negli ultimi dieci anni. È questa la fotografia scattata su Piazza Affari da Sam Twidale, Fund Manager, European Equities di Schroders che poi aggiunge:

“Le valutazioni sono allettanti anche rispetto a quelle degli altri mercati sviluppati, soprattutto dato il potenziale di ripresa degli utili. I titoli italiani scambiano su multipli P/E forward (stimati) pari a 12,5x, rispetto al 12,9x in Europa e al 14,5x negli Stati Uniti. Tuttavia, questo parametro si basa su livelli di utili considerevolmente più bassi; infatti il ROE forward (stimato) per il mercato italiano è solo al 5,9%, contro il 9,4% in Europa e il 14,8% negli USA. Infine, il rapporto P/B (prezzo / patrimonio netto) a 1,2x per il mercato italiano rappresenta uno sconto di circa il 35% rispetto all’1,9x dell’Europa e del 55% rispetto al 2,6x degli Stati Uniti”.

D’altra parte gli ultimi dati economici suggeriscono che lo slancio dell’economia molto probabilmente continuerà. Le recenti letture dell’indice PMI hanno testimoniato un ritorno alla crescita del settore manifatturiero italiano, con un dato risultato pari a 52,4 punti a marzo, portando a tre il numero di trimestri consecutivi in cui l’indicatore ha superato la soglia dei 50 punti (ovvero ha segnalato un’espansione).
Tra gli altri dati positivi, la produzione industriale, cresciuta dell’1% mese su mese a gennaio (tasso più elevato dal 2011) e le immatricolazioni di autoveicoli, tornate in territorio positivo nei primi due mesi del 2014, per la prima volta da inizio 2010.

Anche grazie al minor drenaggio fiscale dopo molti anni di austerità, questi fattori fanno pensare che si stia finalmente delineando una ripresa ciclica della domanda interna, dinamica positiva per gli investimenti in titoli azionari italiani. Molto rilevante anche il calo dei costi dei finanziamenti come sottolinea Sam Twidale:

“A inizio 2012 il rendimento dei Titoli di Stato decennali italiani aveva superato il 7%: i mercati temevano le conseguenze di una potenziale disgregazione dell’Eurozona e l’economia italiana era nel mezzo di una profonda recessione. Da quando il presidente della Banca Centrale Europea (BCE), Mario Draghi, ha promesso di fare “qualsiasi cosa necessaria” per mantenere intatta l’area della moneta unica, i Titoli di Stato italiani hanno registrato un forte rally, con il rendimento decennale che si è più che dimezzato, scendendo fino al 3,27%, tasso minimo da molti anni a questa parte”.

I costi di finanziamento più bassi sono un chiaro elemento positivo per l’economia italiana, poiché danno luogo a un circolo virtuoso di miglioramento economico. Inoltre, ciò permette all’Italia di avere maggiore flessibilità nel far fronte al proprio debito pubblico, fattore fondamentale data la sua dimensione, pari al 133% del PIL. Un altro fattore importante è che le aziende italiane possono ora rifinanziare debiti più costosi a tassi d’interesse più bassi: ciò dovrebbe a sua volta incoraggiare un aumento degli investimenti, con la fiducia nell’outlook economico che inizia a risalire. Anche la fiducia dei consumatori dovrebbe beneficiarne, con l’accesso al credito a costi più bassi, e con l’effetto-ricchezza legato alla propensione degli investitori italiani a comprare Titoli di Stato.

La domanda di credito e i consumi interni dovrebbero quindi iniziare a ripartire, grazie anche alla maggiore disponibilità delle banche a erogare prestiti, alla luce delle migliori posizioni di capitali e al nuovo focus sulla crescita dei prestiti. Non c’è dubbio che il sentiment dei mercati nei confronti dell’Italia sia migliorato a seguito della nomina a presidente del Consiglio di Matteo Renzi, che promette una leadership più dinamica e un processo di riforme più rapido, per imprimere un’accelerazione alla ripresa.

“La riforma volta a migliorare il tasso di produttività del lavoro è di particolare importanza per l’Italia, con l’economia che nell’ultimo decennio ha registrato performance significativamente inferiori alle controparti europee (la crescita totale del PIL reale italiano è stata pari a zero tra il 2000 e il 2013, contro il 15-20% per Germania, Francia e Spagna)” fa presente Sam Twidale.

Le ultime misure annunciate dal nuovo presidente del Consiglio includono una politica fiscale più espansiva, con una riduzione delle tasse in busta paga (0,6% del PIL), un taglio del 10% per l’IRAP (0,2% del PIL) e il rimborso entro luglio dei debiti del Governo verso le imprese (4,4% del PIL), che aiuterà a migliorare i livelli di liquidità di queste ultime. Inoltre, sono stati anche annunciati provvedimenti volti a migliorare la flessibilità del mercato del lavoro, con il cosiddetto Jobs Act, così come modifiche ai benefici di disoccupazione. Tutte queste misure dovrebbero essere finanziate dall’aumento delle tasse su alcune rendite finanziarie e dalla cosiddetta spending review. Sono state inoltre proposte modifiche alla legge elettorale, che dovrebbero aiutare ad accelerare l’implementazione di future riforme.

“Sebbene ci sia chiaramente il rischio che i cambiamenti siano più graduali che immediati, riteniamo che il programma di riforme di Renzi sia una novità positiva che, se portata a termine con successo, dovrebbe aiutare ad affrontare alcune delle difficoltà strutturali che pesano sulla crescita economica italiana” è il commento di Sam Twidale che, tuttavia, non nasconde quali siano i principali rischi ancora sul tappeto: l’elevata disoccupazione e il debito pubblico.
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