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Il discorso di Bernanke spaventa i mercati

20 Giugno 2013 09:30
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C’era attesa per le parole del numero uno della Federal Reserve (Fed) soprattutto per quel che riguarda l’exit strategy, ossia l’uscita dalla politica monetaria ultra-espansiva avviata dagli Stati Uniti ormai da un po’ di tempo a questa parte e basata sul quantitative easing (acquisto massiccio di obbligazioni).

E la conferma di una imminente uscita è arrivata. "È probabile una riduzione degli stimoli a fine anno", ha esordito Bernanke il 19 giugno in conferenza stampa da Oltreoceano (in Italia era sera). In altri termini, se l'economia dovesse continuare a dare segnali di miglioramento, la Fed potrebbe iniziare già nella seconda metà del 2013 a invertire rotta e ridurre gradualmente la quantità di obbligazioni acquistate mensilmente per pompare liquidità nel sistema finanziario. E in ogni caso, se le previsioni economiche si riveleranno corrette, l'istituto "interromperà a metà del 2014" l'acquisto di titoli.

Insomma, la pacchia sta per finire. Non stupisce quindi che i mercati finanziari abbiano preso male le parole di Bernanke. A cominciare dalla stessa Borsa statunitense, che il 19 giugno ha terminato con il Dow Jones in ribasso dell'1,35% a 15.112 punti e il Nasdaq in calo dell'1,12% a 3.433 punti. E anche la mattina del 20 giugno hanno chiuso pesanti tutte le Piazza asiatiche, complici oltre alla politica della Fed i timori di una possibile stretta creditizia in Cina: Hong Kong (-2,64%), Shangai (-2,34%), Seul (-2%) e Tokyo (-1,74 per cento). E anche l’Europa, Piazza Affari compresa, la mattina del 20 giugno si muoveva con decisione in territorio negativo.

Secondo gli operatori di mercato, gli investitori si sono resi conto che, per quanto la Fed sia stata molto chiara nell'esplicitare che il nuovo trend non va confuso con l'inizio di una nuova politica di rialzo dei tassi e che le misure di tale riduzione dipenderanno dallo stato dell'economia statunitense delle prossime settimane, Bernanke spera comunque di riuscire a concludere il programma di acquisti entro la metà del prossimo anno, con ciò delimitando in misura maggiore di quanto ci si potesse attendere l’intervallo temporale del quantitative easing.

Tuttavia, c’è chi non manca di evidenziare che se, come sembra ormai probabile, sarà Janet Yellen a raccogliere il testimone di timoniere della Fed dalle mani di Bernanke (si dice dal 2014), il quadro potrebbe mutare completamente ancora una volta. L'attuale vicepresidentessa della Fed è, infatti, nota come una “colomba” particolarmente attenta all'andamento del mercato del lavoro.

Insomma, con l’avvento di Yellen non è detto che il quantitative easing subirà un arresto poi così brusco. A questo punto, la palla torna ora nel campo della Banca Centrale Europea (BCE) guidata da Mario Draghi, che, a differenza delle altre autorità monetarie e per non alimentare le spinte inflative, ha adottato molta cautela nell’implementazione di politiche di quantitative easing.
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