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Esposizione indiretta sugli emerging markets

22 Maggio 2013 08:00
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Sono in molti, tra analisti, economisti e gestori di fondi comuni, a ritenere indispensabile investire nei Paesi emergenti. E non soltanto per l’attuale crisi del debito sovrano della zona euro che sta compromettendo la ripresa economica del Vecchio Continente, o per la crescita economica americana positiva ma inferiore alla media degli ultimi 20 anni. Le ragioni sono strutturali e di lungo periodo.

La dinamica demografica, sociale e produttiva dei Paesi in via di sviluppo è destinata a mantenere un ritmo superiore a quella dei paesi sviluppati: posizionarsi sulle società che sapranno intercettare questo trend sarà pertanto determinante per aggiungere valore ai propri portafogli. Ma il punto è che non è necessario investire sulle aziende locali per farlo: esistono infatti molti gruppi europei e americani che già oggi possono vantare una elevata percentuale dei propri ricavi grazie all’esposizione ai mercati emergenti.

Proprio in virtù di questa riflessione, molte case d’investimento, si sono organizzate per rintracciare, analizzare e selezionare le società meglio posizionate sugli emerging markets. In Europa, tra le corporation che possono vantare una quota di almeno il 40% di esposizione ai mercato in via di sviluppo si annoverano diverse decine di nomi nei più disparati settori.

In quello auto, per esempio, figurano Volkswagen e Bmw, nel bancario ci sono Standard Chartered, Hsbc, Santander e Bbva, nell’industriale Pirelli, Abb, Atlas Copco e Siemens, nel chimico Lanxess, Syngenta e Clariant, nel petrolifero Eni, Repsol, Technip e Sbm offshore, nei beni di consumo Unilever e Henkel, nelle telecom Telenor e Portugal telecom.

I gestori capaci di selezionare al meglio questi titoli si garantiscono un’ottima esposizione ai mercati emergenti più dinamici e, al contempo, una corporate governance che in termini di trasparenza, regole societarie e diritti degli azionasti sono all’avanguardia internazionale.
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