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Stretta monetaria

La Fed alza i tassi di mezzo punto ma Wall Street non si spaventa e chiude in rally

Il rialzo più forte dal 2000 è accolto bene dal mercato, che apprezza la determinazione nella lotta all’inflazione ma anche la volontà di non strafare, accompagnando l’economia a un atterraggio morbido

di Virgilio Chelli 4 Maggio 2022 22:37
financialounge -  FED inflazione Rialzo tassi di interesse

La Fed dichiara guerra all’inflazione con un rialzo dei tassi di mezzo punto, il primo di questa dimensione dal maggio del 2000, quando Alan Greenspan cercava di raffreddare un’economia surriscaldata dalla bolla delle dot.com. A differenza di allora Wall Street, contrastata prima dell’annuncio, ha reagito andando in rally, anche perché la mossa era stata ‘telegrafata’ con largo anticipo da Jay Powell, oggi alla guida della banca centrale americana. A differenza dell’Europa, l’inflazione USA corre spinta sul lato della domanda, a partire dalle tensioni salariali, per cui l’accelerazione della Fed rappresenta lo sforzo di recuperare il tempo perduto. L’inflazione da caro energia, meno aggredibile con rialzi dei tassi, morde più in Europa, a stretto contatto con il conflitto in Ucraina, che negli USA, da tempo autosufficienti per la produzione di Oil & Gas.

A GIUGNO ARRIVA IL QUANTITATIVE TIGHTENING


Il mercato sembra aver apprezzato in particolare due cose: la determinazione a mandar giù una medicina amara rapidamente, visto il ritardo accumulato nel contrasto dell’inflazione, e il fatto che Powell nella conferenza stampa seguita al FOMC abbia escluso una accelerazione dei rialzi a tre quarti di punto nelle prossime riunioni. La Fed ha anche annunciato che a partire dal 1° giugno partirà il Quantitative Tightnening, vale a dire la cura dimagrante del bilancio gonfiato dagli acquisti di titoli iniziata nella primavera del 2020, che dovrebbe drenare dal mercato inizialmente una cinquantina di miliardi di dollari al mese, per poi arrivare a oltre 90 miliardi dopo tre mesi.

PROBLEMA PIÙ COMPLICATO PER LA BCE


Ma anche questo il mercato lo sapeva già, e si era preparato accumulando liquidità nella previsione che stava per venir meno il compratore di ultima istanza di T-Bond e corporate bond. Alla fine, quello che sembra essere piaciuto agli investitori è la determinazione della Fed contro l’inflazione, che minaccia di erodere i margini delle imprese e scoraggiare gli acquisti dei consumatori, insieme all’assenza di sorprese negative che indicassero una stretta eccessiva, potenzialmente in grado di far deragliare la ripresa. Per la Bce il problema è molto più complicato: il fronte bellico è vicino, l’autosufficienza energetica non è a portata di mano, e la minaccia non è tanto come negli USA una breve recessione tecnica ma una stagflazione prolungata.

LA MINACCIA DELL’INFLAZIONE


Oltre a escludere che siano in cantiere rialzi superiori al mezzo punto, Powell si è detto certo che la Fed sarà in grado di raffreddare l’economia, favorendo un ‘atterraggio morbido’ senza far aumentare la disoccupazione, citando il numero ancora molto elevato di offerte di lavoro insoddisfatte delle imprese e l’eccellente stato di salute dei bilanci delle famiglie americane. L’alta inflazione rappresenta la principale minaccia per l’economia e i mercati, e la determinazione della Fed a contrastarla rassicura gli investitori.

RALLY DI SOLLIEVO


Nella conferenza stampa seguita al FOMC, Powell ha ripetuto più volte che l’inflazione è troppo elevata, e che altri rialzi dei tassi da mezzo punto potrebbero essere sul tavolo dei prossimi meeting. Alla fine, la risposta di Wall Street può essere catalogata come un rally di sollievo, che prende atto della determinazione della Fed a combattere l’inflazione, ma con la consapevolezza di non esagerare. Dopo l’ultimo rialzo dei tassi a marzo, lo S&P 500 era avanzato di oltre il 6% nelle settimane successive prima del successivo disastroso mese di aprile.
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