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Dollaro debole e alti rendimenti sostengono l’appeal del debito emergente

Nel debito emergente, favorito dal dollaro debole e dai rendimenti attraenti, spazio soprattutto ai bond cinesi. Il ritorno dell’inflazione negli USA consiglia di puntare sui titoli indicizzati al carovita

di Leo Campagna 15 Febbraio 2021 12:04
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LA SPINTA DEL DOLLARO DEBOLE AI PAESI EMERGENTI


Patrick Zweifel, Chief Economist di Pictet Asset Management, ritiene che sia il momento giusto per i mercati emergenti per cinque motivi, in testa ai quali spicca il dollaro debole e i rendimenti statunitensi bassi. Le valute emergenti, si legge nell’articolo “Pictet: Per i mercati emergenti è arrivato il momento giusto”, si trovano ai minimi storici rispetto a quella americana, e lo scenario base di Pictet prevede che l’indebolimento del dollaro agevolerà i mercati emergenti, soprattutto con debiti denominati nella valuta Usa. L’indebolimento del dollaro è un’opinione di consenso, che potrebbe deragliare in due possibili scenari: un contesto globale che peggiora molto e Stati Uniti che performano meglio del resto del mondo. Pictet giudica poco probabile la prima ipotesi, mentre giudica la seconda una possibilità che ha indotto a ritoccare al rialzo le stime di crescita del PIL Usa al 5,5% per il 2021, che resta però ancora sotto la stima del 6% per la crescita globale.

OTTIMISMO SUL DEBITO EMERGENTE


Intanto, secondo Amundi, la domanda di rendimento continua a sostenere il credito, ma gli investitori devono adeguare l’esposizione alle obbligazioni High Yield in euro e in dollari a seconda delle condizioni, senza cambiare il giudizio complessivo. Nelle obbligazioni Investment Grade e High Yield, Amundi preferisce quelle in euro a quelle in dollari, ma ora crede che il miglioramento dei prezzi delle materie prime potrebbe eliminare qualche fattore di disturbo per le obbligazioni High Yield in dollari. Sempre alla luce della ricerca di rendimento, la casa d’investmento, nell’articolo “Amundi positiva su azionario di Cina e Giappone”, resta ottimista anche sul debito emergente anche se vede margini limitati per un’ulteriore compressione degli spread. Per quanto riguarda le valute emergenti, Amundi ha rivisto leggermente al rialzo la posizione positiva attraverso il real brasiliano e il peso messicano che dovrebbero beneficiare della crescita USA, mentre per le valute dei mercati sviluppati mantiene un’opinione positiva sulle coppie Canada/Dollaro USA e Corona Norvegese/Euro, perché le valute correlate alle materie prime dovrebbero beneficiare della ripresa globale.

L’APPEAL DEI RENDIMENTI DEGLI EMERGENTI


Anche Brett Diment, Head of Global Emerging Market Debt di Aberdeen Standard Investments, vede favoriti i mercati emergenti grazie ad un forte rimbalzo della crescita economica globale e una nuova presidenza statunitense più prevedibile nella politica commerciale. “Dopo una contrazione stimata dal FMI del -3,3% nel 2020, prevediamo quest’anno una ripresa forte, con una stima di crescita per i mercati emergenti del +6%, trainata dalla Cina che dovrebbe registrare un incremento del PIL di circa l’8%”, dichiara Diment, per il quale non ci sono all’orizzonte pericoli legati all’aumento dell’inflazione, che normalmente tende a spingere le banche centrali ad alzare i tassi di interesse. “I prezzi al consumo nel mondo sono stati insolitamente bassi per molto tempo già prima del Covid-19 e tutto indica che i tassi di interesse resteranno a lungo agli attuali livelli ai minimi storici. Questo, insieme al continuo sostegno da parte della spesa pubblica, è favorevole all’obbligazionario emerging markets”, spiega nell’articolo “Cautamente ottimisti sul debito dei mercati emergenti”, il manager di Aberdeen Standard Investments. Per gli investitori a reddito fisso a caccia di rendimento, le obbligazioni dei mercati emergenti costituiscono un target interessante dal momento che offrono rendimenti anche 5 o 6 volte superiori (come nel caso, rispettivamente, di Messico e Indonesia) all’1% attualmente garantito dal Treasury decennale americano.

BOND CINESI, VOLATILITÀ OPPORTUNITÀ DI ACQUISTO


Per quanto riguarda la visione micro, Cosmo Zhang, di Vontobel Fixed Income Boutique, ritiene che l’aumento delle inadempienze obbligazionarie in Cina testimoni una maggiore efficienza del mercato. Secondo l’esperto di Vontobel, il fatto che le insolvenze si verifichino in anticipo testimonia gli sforzi del governo cinese per aumentare l’efficienza e la trasparenza del mercato a beneficio dell’economia generale. Quindi, piuttosto che essere dovuti al deterioramento dei fondamentali del credito, questi default sono stati indotti dal governo che non intende salvare default isolati delle imprese statali deboli. Una valutazione più accurata del rischio dà inoltre agli acquirenti di obbligazioni maggior trasparenza in un’economia relativamente opaca aumentando il fascino del debito cinese, attirando più afflussi e aiutando a ridurre la dipendenza dai capitali domestici. Come illustrato nell’articolo “La Cina fa pulizia nell’obbligazionario e progredisce nell’ESG”, per l’investitore la volatilità conseguente offre opportunità di acquisto di obbligazioni di emittenti forti a valutazioni basse.

ATTENTI AL RITORNO DELL’INFLAZIONE


Dopo lo shock storico della prima metà del 2020 le economie hanno iniziato a riprendersi e segnano ora ulteriori miglioramenti dei fondamentali macro e micro globali. Per questo c’è ancora valore nelle azioni e nel credito, ma anche sui temi ciclici, anche se la volatilità dovrebbe restare elevata, pur consentendo alle azioni di registrare ulteriori guadagni. L’inflazione non è invece un rischio immediato. Lo afferma nell’articolo “C’è ancora valore in azioni e creditoStephanie Bigou, Global Macro Portfolio Manager di Seeyond, affiliata di Natixis IM, il cui scenario base è positivo per le azioni, tenendo in conto possibili rischi di ribassi improvvisi, e cauto sui governativi. Tra le preoccupazioni degli investitori segnalate dall’esperta dell’affiliata Natixis c’è un ritorno dell’inflazione, possibile perché, a differenza del ciclo passato, lo stimolo monetario e fiscale è stato massiccio e soprattutto sincronizzato su scala globale, mentre nel 2008 proprio la mancanza di sincronizzazione aveva inibito una ripresa sostenibile. Ciò aveva causato una successione di shock sistemici deflazionistici, indebolito la crescita potenziale e ridotto drasticamente l’efficacia del sostegno, un errore non ripetuto nel 2020.

PERCHÉ PUNTARE SUI TITOLI USA INDICIZZATI ALL’INFLAZIONE


Infine, secondo Olumide Owolabi e Joseph Purtell, rispettivamente Portfolio Manager e Senior Trader and Analyst – Investment Grade di Neuberger Berman, il rendimento del Treasury a 10 anni crescerà gradualmente in corso d’anno, arrivando all’1,5%, dopodiché le pressioni potrebbero aumentare, non solo per i mercati obbligazionari, ma anche per la ed. Quando quest’ultima finalmente agirà in risposta alla nuova dinamica inflazionistica, secondo Neuberger Berman lo farà in modo più aggressivo di quanto il mercato non si aspetti, ma non accadrà per almeno altri due anni. Questo ancoraggio ai tassi a breve, unitamente al prolungamento della scadenza media ponderata del debito in Treasury nel corso del 2021, per Neuberger Berman potrebbe generare un irripidimento sostanziale della curva dei rendimenti USA. Una curva più ripida potrebbe offrire agli investitori non statunitensi un premio a scadenza significativamente più alto di quello dei rispettivi mercati obbligazionari, con costi di copertura dell’esposizione in dollari piuttosto contenuti. Ma questo, come illustrato nell’articolo “Prepararsi a una curva più ripida dei tassi Usa”, non modifica la traiettoria dell’economia e della Fed e neppure l’aspettativa di Neuberger Berman di un aumento dei tassi. Che pertanto, nell’affrontare il 2021, esprime nei suoi portafogli una preferenza per i titoli indicizzati all’inflazione e adotta una view sottopesata sulle esposizioni alla duration.
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