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Emergenti, per Pictet AM le prospettive favorevoli a medio termine restano immutate

Patrick Zweifel (Pictet AM), valutando l’impatto che il coronavirus potrebbe avere sulla crescita in Cina e nei mercati emergenti, reputa che il divario di crescita previsto tra i mercati emergenti e i mercati sviluppati è solo rimandato

di Leo Campagna 12 Marzo 2020 17:00

Alla luce della diffusione del coronavirus al di fuori della Cina, i rischi maggiori derivano dal fatto che il contagio possa durare più a lungo oltre al fatto che il virus possa diventare più virulento. Per cercare di capire l’impatto dell’epidemia sulla crescita in Cina e nei mercati emergenti, Patrick Zweifel, chief economist di Pictet Asset Management, ha analizzato come una pandemia possa incidere sulle economie partendo dall’impatto economico sulla Cina.

CINA, CRISI DELL’OFFERTA E DELLA DOMANDA


“In primo luogo emerge una crisi dell’offerta: la produzione è fortemente ridotta, in quanto meno persone vanno a lavorare per via di malattia e quarantena con, inoltre, la chiusura prolungata di alcuni stabilimenti in concomitanza delle ferie per il Capodanno cinese”, spiega l’esperto. In secondo luogo, c’è una crisi della domanda. La quarantena e le preoccupazioni limitano la mobilità delle persone, causando una significativa temporanea flessione delle attività e dei servizi. “Riteniamo che i settori più colpiti rappresentino il 52% del Pil cinese con i servizi che risulteranno particolarmente danneggiati” sostiene Zweifel, che ha tagliato le stime delle crescita cinese per l’anno in corso al 5,6%, rispetto alle precedenti previsioni del 5,9%.

PREOCCUPAZIONI ANCHE PER VIETNAM, SINGAPORE, TAIWAN E THAILANDIA


L’esperto, ricordando come la domanda cinese rappresenti il 16% dell'economia mondiale, intravede conseguenze non trascurabili a seguito del crollo della domanda proveniente da Pechino. Inoltre la chiusura delle aziende cinesi interromperà la catena di approvvigionamento globale dal momento che la Cina rappresenta il fulcro della manifattura asiatica. Ma anche al di fuori della Cina, non mancano le preoccupazioni soprattutto in Vietnam, a Singapore, a Taiwan e in Thailandia, mentre Indonesia e soprattutto l’India sembrerebbero meno esposte dal momento che sono economie più chiuse. L’impatto sul resto dei mercati emergenti dovrebbe rimanere limitato ai grandi partecipanti alla filiera produttiva.

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IMPATTO NOTEVOLE A BREVE SEGUITO DA UNA ROBUSTA RIPRESA


In conclusione, secondo Zweifel, al notevole impatto di breve termine sull’economia dovrebbe seguire una robusta ripresa: la risultante dovrebbe essere di circa 0,15 punti percentuali in meno sulla crescita globale 2020. Una stima basata sulle evidenze di uno slancio economico globale che si stava rafforzando nel memento in cui è scoppiata l’epidemia - e che dovrebbe riprendere la traiettoria se l’ipotesi di una crisi transitoria si rivelerà corretta – e su tre condizioni favorevoli.

TRE CONDIZIONI FAVOREVOLI


La prima riguarda gli effetti del crollo delle scorte mondiali ai minimi di 7 anni fa: un fenomeno che ha propiziato quattro mesi consecutivi di forte rimbalzo nei nuovi ordini di scorte. Si tratta, secondo Zweifel, di un buon indicatore anticipatore a breve termine dell’attività industriale mondiale. La seconda condizione favorevole attiene alla ripresa nel commercio globale. “Gli ordini per l’esportazione e il ciclo tecnologico per l’esportazione sono a livelli minimi, essendo stati tra i fattori principali alla base dell’indebolimento dell’export globale” spiega l’esperto. Che, passando alla terza condizione, indica le politiche monetarie molto accomodanti nei mercati emergenti, con il 63% delle banche centrali che operano tagli: un approccio che tende a produrre effetti sull’attività per almeno otto mesi. “Manteniamo la nostra visione costruttiva sui mercati emergenti anche alla luce degli ultimi sviluppi dell’epidemia del coronavirus. In pratica riteniamo solo rimandato il divario di crescita previsto tra i mercati emergenti e i mercati sviluppati”, conclude Zweifel.

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