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J.P. Morgan Asset Management

Spread in rialzo, non dipende solo dal “fattore” Ilva

Lo spread tra il Btp decennale il bund tedesco si è portato da 133 punti di metà settembre agli attuali 162 punti per incertezze politiche e ragioni tecniche. Ma per Toschi (JPM AM) le ragioni vanno cercate anche fuori dall’Italia

di Redazione 15 Novembre 2019 16:35
financialounge -  J.P. Morgan Asset Management Maria Paola Toschi spread

Lo spread è tornato sotto i riflettori dei media. Il differenziale di rendimento tra il Btp a 10 anni e il Bund tedesco decennale è risalito e si è portato da 133 punti di metà settembre agli attuali 162 punti. Alcuni temi specifici interni, legati per esempio alle preoccupazioni per la legge di bilancio, sono una delle ovvie spiegazioni. Ma, come spiega in questo articolo Maria Paola Toschi, Executive Director Market Strategist di J.P.Morgan Asset Management, in questo caso sullo spread possono aver pesato anche altri fattori europei e aspetti tecnici.

LE MOSSE DELLA FED E LA FIRMA FASE 1 DELL’ACCORDO USA – CINA


Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad una generalizzata fase di rialzo dei tassi determinata da due fattori globali: 1) la Federal Reserve ha comunicato al mercato nell’ultimo meeting l’intenzione di prendersi una pausa nel processo di taglio dei tassi per verificare l’effetto sull’economia dei tre tagli già annunciati; 2) la prospettiva di una imminente firma di accordo di Fase 1 nella guerra commerciale tra USA e Cina ha riportato un po’ di ottimismo sui mercati e allentato le preoccupazioni che il ciclo economico possa ancora peggiorare. A seguito di questi cambiamenti nello scenario globale, il decennale americano è passato da 1,53% di inizio agosto a 1,84% attuale, mentre il bund di pari scadenza è salito da -0,70% a -0,34% nello stesso arco temporale.

BCE, UN COMPITO SFIDANTE PER LAGARDE


In Europa la fase di transizione dalla guida Draghi alla nuova era Lagarde della BCE può essere un ulteriore fattore di incertezza che potrebbe aver alimentato maggiore nervosismo sui mercati. Il governatore Lagarde ha già espresso l’intenzione di voler proseguire sulla falsa riga del precedente governatore. Si potrebbe quindi trattare di un cambiamento all’insegna della continuità. “Tuttavia la questione non è così semplice, soprattutto a causa della conflittualità che persiste all’interno della BCE stessa. Infatti alcuni governatori di banche del nord Europa hanno firmato una specie di memorandum citando i rischi per la stabilità economica dell’Europa di una politica di tassi negativi troppo prolungata. Gestire questi sviluppi e malumori sarà quindi un compito molto sfidante per il nuovo governatore” precisa Toschi.

IL RIALZO DELLO SPREAD


Il movimento al rialzo dei tassi si è propagato anche all’Italia che spesso tende ad enfatizzare i movimenti che si registrano in paesi come USA e Germania considerati più virtuosi. Ma ad alimentare lo spread in Italia stavolta possono aver contribuito anche altri fattori oltre a quello legato alle recenti tensioni nel governo e nella vicenda dell’ILVA.

GERMANIA IN RALLENTAMENTO


Negli ultimi mesi la Germania ha mostrato segni di forte rallentamento per una serie di motivi tra cui il principale è legato ai rischi della guerra commerciale. La Germania infatti ha una spiccata vocazione all’export ed è risultata quindi vulnerabile al calo dei volumi del commercio globale indotto dalle tensioni commerciali. Per questo il primo paese dell’area Euro è diventato l’osservato speciale e non più il motore dell’economia europea. Ciò ha indotto una serie di riflessioni della classe politica tedesca su temi che in passato erano considerati dei veri tabù. L’unione bancaria è uno di questi e la regola del “black zero”, ovvero saldo di bilancio pubblico in pareggio sta diventando un altro possibile fronte di dibattito.

BANCHE ITALIANE E DEBITO PUBBLICO


“Tuttavia sul contenuto del progetto di unificazione bancaria ci sono punti di vista molto distanti ad esempio tra Germania e Italia. La Germania prevede l’introduzione di un sistema di ponderazione del rischio dei titoli di debito pubblico detenuti nei portafogli bancari che sarebbe penalizzante per l’Italia. Questo avrebbe quindi effetti sulla possibilità per le banche italiane di detenere titoli pubblici o comunque potrebbe comportare per le banche italiane un aumento dei requisiti patrimoniali a fronte di portafogli in titoli di stato del paese. Ciò potrebbe forzare le banche italiane a ridurre l’esposizione al debito pubblico domestico che è ancora fortemente rappresentato nei bilanci. Con la conseguenza di aver messo sotto pressione i titoli pubblici italiani” argomenta Toschi.

TEMPI DI DEFINIZIONE MOLTO LUNGHI


Sebbene i tempi per la definizione di questo piano siano molto lunghi data la complessità dei dettagli da discutere la reazione dei mercati per quanto prematura potrebbe essere tra le cause dell’allargamento dello spread. I prossimi appuntamenti europei di dicembre, Ecofin e Euro Summit potranno essere l’occasione per ulteriori discussioni su queste proposte ma le posizioni tra Germania e Italia sembrano ancora molto lontane.

UN ASPETTO TECNICO: IL TIERING


Un altro tema prettamente tecnico è legato al cosiddetto Tiering, ovvero al sistema di esenzione dai tassi negativi che la BCE ha annunciato a settembre nell’ambito del nuovo articolato set di proposte di politica monetaria espansiva che includeva anche il taglio dei tassi sui depositi a -0,5%. Anche le banche italiane godono in parte di queste esenzioni. Alcuni analisti stimano le riserve in esenzione tra i 90 e i 100 miliardi di Euro. Tuttavia ciò sta favorendo alcune operazioni di arbitraggio. Per le banche sarebbe infatti vantaggioso approvvigionarsi sui mercati interbancari a tassi negativi, aumentare i depositi presso BCE (in esenzione del tasso negativo), guadagnare il differenziale. “Ciò starebbe determinando flussi sui mercati interbancari in uscita dai mercati di Paesi europei (come Germania e Olanda che hanno tassi molto negativi) verso l’Italia proprio come risultato di queste operazioni di arbitraggio. Inoltre ciò potrebbe ridurre l’appetito del sistema bancario a sottoscrivere titoli pubblici, ma anche ridurre la liquidità del sistema (che era ciò che la BCE voleva evitare con l’introduzione dei tassi negativi) mettendo pressione al rialzo sui tassi” specifica Toschi.

Obbligazioni, continua la caccia al rendimento


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DIFFICILE DIRE QUALI ASPETTI STIANO PREVALENDO


Secondo l’esperta resta molto difficile dire quali dei vari fattori evidenziati stia prevalendo, se temi sistemici o specifici. Inutile dire che la combinazioni di elementi e l’aumento dei tassi domestici non è favorevole all’Italia che potrebbe beneficiare del calo del costo del debito pubblico (per effetto della politica della BCE) per liberare risorse preziose per altre iniziative.

LA POSSIBILE RIPRESA DI POLITICHE FISCALI


Il grafico seguente mostra come potrebbe calare il costo del debito di alcuni dei principali paesi sviluppati, tra cui l’Italia, secondo le stime del FMI e in base alle previsioni sui tassi e sui debiti del 2020. “Negli ultimi mesi si è intensificato il dibattito sulla necessità di ripresa di politiche fiscali più espansive come necessario strumento da affiancare alle politiche monetarie che potrebbero aver esaurito la loro efficacia. E’ ovviamente un progetto molto delicato dato che la maggior parte dei paesi sviluppati presenta ancora elevati livelli dei debito. La Germania è l’unico paese che dal 2010 ad oggi è riuscito a far scendere il debito pubblico su PIL in misura significativa. La ripresa di politiche fiscali potrebbe essere la grande opportunità e sfida per il 2020 ed è forse uno dei principali obiettivi e vantaggi della politica monetaria super espansiva che sta ancora perseguendo la BCE” conclude Toschi.
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