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Fed e tassi bassi a lungo: il secondo tempo del ciclo economico Usa

Ma per Spence (Capital Group) non mancano le incognite: bilanci gonfiati delle aziende più indebitate, richieste salariali in aumento e possibile escalation della guerra commerciale

di Redazione 26 Giugno 2019 14:37

Quello che è accaduto negli ultimi sei mesi ha completamente rivoluzionato il quadro di riferimento delle aspettative dell’economia e dei mercati finanziari. Alla base di questa profonda trasformazione la brusca inversione a ‘U’ della Fed, prima, e della Bce, dopo. La banca centrale statunitense a inizio anno ha messo in stand by il proprio programma di rialzo dei tassi e, nel corso dei successivi sei mesi, ha proseguito ulteriormente nell’inclinazione verso politiche monetarie meno restrittive fino al discorso del Presidente Powell dello scorso 5 giugno con il quale, di fatto, ha aperto alla possibilità di un taglio dei tassi Usa se la situazione lo rendesse necessario.

LA SVOLTA DELLA FED E QUELLA DELLA BCE


Draghi, invece, al forum di Sintra in Portogallo ha fatto intendere che la Bce è pronta a sostenere in tutti i modi un’economia europea che mostra segnali di affaticamento. “La svolta della Fed e il contesto di tassi più bassi per più tempo hanno regalato una seconda vita a questo ciclo economico” dichiara Darrell Spence, Economista di Capital Group, che segnala come il sentiment dei mercati si sia potuto risollevare sebbene a maggio abbia dovuto fare i conti con il riacutizzarsi della disputa commerciale tra Washington e Pechino.

PRESSIONE SUI TASSI A LUNGO


A questo proposito, secondo Darrell Spence, se i contrasti sino-americani dovessero salire di intensità, in un contesto che resta influenzato dal rallentamento della crescita e dalle incertezze politiche in Europa, si genererebbe un insieme di forze capaci di limitare i tassi a lungo termine anche nel caso in cui la Fed, tra qualche mese, dovesse ricominciare ad alzare il costo del denaro.

RISCHIO ESCALATION GUERRA USA-CINA


“I tassi a più lungo termine potrebbero rimanere contenuti per più tempo e ci aspettiamo quindi che ci siano le condizioni per una crescita ragionevole di qui al 2020” puntualizza l’economista. Il quale, al contempo, elenca anche le potenziali insidie, a cominciare dal rischio di un'ulteriore escalation della guerra commerciale che rappresenta una chiara minaccia per la crescita con inevitabili ripercussioni sulla volatilità dei mercati.

AUMENTI SALARIALI


In secondo luogo, occorre seguire con la massima attenzione le richieste di aumento salariale in un contesto che vede il tasso di disoccupazione statunitense al 3,6%, un livello che non si vedeva dal dicembre 1969. “È vero che aumenti retributivi più cospicui tendono a incoraggiare la spesa al consumo, ma è anche vero che questo riduce i margini di profitto delle aziende in una fase in cui il picco degli utili sembra già superato” spiega Darrell Spence.

AZIENDE TROPPO INDEBITATE


In terzo luogo, sempre secondo Darrell Spence , cominciano a destare una certa apprensione i bilanci delle compagnie che si sono indebitate in modo eccessivo: basti pensare che a fine 2018, nel settore non finanziario statunitense, l'indebitamento ha raggiunto il massimo storico del 46,7% del Pil. Il problema è che una percentuale ingente di questi debiti contratti grazie ai tassi bassi è stata indirizzata a finanziare i buy back (riacquisto di azioni proprie), i dividendi ai soci e operazioni di M&A (fusioni e acquisizioni).

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OPERAZIONI DI INGEGNERIA FINANZIARIA INSOSTENIBILI


Non solo. A partire dal 2013, gli importi complessivi dei buy back e dei dividendi hanno mostrato la tendenza a superare i livelli di free cash flow: per coprire il resto delle operazioni, le aziende hanno contratto altro debito e adottato operazioni di ingegneria finanziaria che non possono reggere all’infinito. “Molte compagnie dovranno necessariamente ridurre il debito in eccesso a causa, prima o poi, dell'aumento dei tassi o dell'inasprimento delle condizioni creditizie. E, di conseguenza, saranno costrette a limitare i buy back, tagliare i dividendi, e ridurre o azzerare le operazioni di fusione e acquisizione” avverte Darrell Spence.

VALUTAZIONI GONFIATE E VOLATILITA’ DI MERCATO


Insomma, per l’economista c’è il pericolo che queste varie fonti di rischio e di eccessi possano gonfiare ulteriormente le quotazioni azionarie nel breve termine, spingendo successivamente la volatilità di mercato. Sempre che prima non prenda forma un elemento destabilizzante come la salita dei tassi o il rallentamento della crescita economica.
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