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Beyond Meat, la “carne vegana” da +700% che vale più di Campari

La società durante le contrattazioni del 18 giugno è arrivata a valere 12,8 miliardi di dollari, ma secondo molti osservatori esiste un rischio bolla

di Redazione 21 Giugno 2019 11:20

Beyond Meat, una recente Ipo sul Nasdaq, ha realizzato una performance spettacolare. In meno di due mesi, tra l’esordio del 2 maggio al 18 giugno, ha raggiunto un massimo intraday a 201 dollari, registrando quindi una performance del +700%. Anche all’attuale quotazione – 165 dollari – l’Ipo sta fruttando ai sottoscrittori iniziali che l’avessero mantenuta in portafoglio il +560%.

LE STIME DEL CONSENSO AL 2022


Alla chiusura del 18 giugno a 170 dollari (dopo un massimo in giornata a 201,88 dollari), la società valeva 116 volte il fatturato del 2018. Per avere un’idea del tipo di rally della valutazione della società in Borsa, per alcuni brevi momenti, Beyond Meat è arrivata a valere più di un gruppo come Campari, proprietario di alcuni brand tra i più riconosciuti a livello mondiale. Per i prossimi anni gli incrementi di fatturato ipotizzati dagli analisti sono molto importanti, con le vendite stimate al 2022 a 816 milioni di dollari con 122 milioni di dollari di Ebitda e cassa netta per qualche centinaia di milioni. I multipli stimati al 2022 con i dati di consensus degli analisti sono quindi circa 12,5 volte il fatturato e circa 82 volte il margine operativo lordo (Ebitda).

L’IDEA SOTTOSTANTE


L’idea sottostante Beyond Meat è sostituire la carne tradizionale con ingredienti vegetali, mantenendo lo stesso sapore. Alla base del prodotto, ci sarebbe un analogo valore proteico, ma una diminuzione dei rischi legati all’utilizzo della carne rossa da un lato e un minore impatto sull’ambiente dall’altro.

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EQUITY STORY SEMPLICE MA TANTI DUBBI


“La Equity Story è quindi semplice. Si vendono prodotti con l’aspetto e il sapore di hamburger o salsiccia, ma che non fanno male e che non hanno tutte le problematiche degli allevamenti di bovini e ovini in termine di emissioni di gas serra e consumo di acqua” fa sapere Nicolò Nunziata, equity strategist di Marzotto Investment House. I dubbi però non sono pochi: “ma per avere lo stesso sapore che tipo di additivi vengono utilizzati”? oppure “quali sono con precisione gli estratti naturali/vegetali usati per replicare le diverse carni”?

SCARSE INFORMAZIONI


Sul sito le spiegazioni “tecniche” sono difficili da trovare: si trovano dei generici messaggi di benessere e sostenibilità, le foto dei prodotti che vanno dalle polpette ai burritos, oltre alle informazioni su dove trovare i prodotti. Anche le critiche sul web abbondano: dalle etichette con gli ingredienti emergerebbero grassi saturi elevati e la mancanza del valore nutrizionale caratteristico delle verdure.

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IMPOSSIBLE FOOD, IL COMPETITOR NON QUOTATO


Il principale competitor di Beyond Meat è Impossible Food, un’azienda non quotata che usa ingredienti vegetali al posto della carne replicandone il sapore. Sul sito pubblicano articoli che spiegano che al posto della carne usano soia, grano, mais cocco e patate e che replicano il suo sapore con una proteina, la mioglobina.

FOCUS SUL POSIZIONAMENTO COMMERCIALE


“In un mondo sempre più attento all’alimentazione e alla sostenibilità dell’ambiente, sicuramente Beyond Meat è l’azienda al posto giusto nel momento giusto, anche se le barriere all’entrata non ci sembrano particolarmente elevate” sottolinea Nicolò Nunziata. Secondo i quali la chiave per valutare meglio Beyond Meat sarà la velocità con cui competitors credibili si affacceranno sul mercato e nella velocità con cui la società sarà in grado di posizionarsi a livello distributivo e commerciale con la grande distribuzione e le grandi catene di fast food. Inoltre Beyond Meat dovrà dimostrare di essere in grado di implementare rapidamente produzione e logistica, aspetti aziendali sovente complessi e non banali.

RISCHIO REPLY BOLLA DOT.COM 2000


“Dare un giudizio sulla valutazione è ovviamente difficile, a parte usare il buon senso sottolineando che un’azienda giovane che deve ancora provare molte cose non può valere decine di volte il fatturato. Questo genere di valutazioni c’è stato soprattutto durante la bolla tecnologica del 2000 e, nella maggiore parte dei casi, l’esito finale non è stato positivo per gli investitori” conclude Nicolò Nunziata.
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