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La distruzione creativa avanza anche nel commercio e nella politica

Da fonti autorevoli cominciano a circolare analisi non convenzionali che vedono aspetti positivi sia nel protezionismo di Trump che nel sovranismo in Europa. Sta arrivando un’ondata di distruzione benefica?

4 Marzo 2019 09:24

L’approccio adottato dal presidente Trump di sbloccare con l’imposizione di dazi i contenziosi commerciali è stato all’inizio bocciato come una strategia sventurata e pericolosa. Ma ora sono sempre più quelli che pensano che possa servire come una ‘distruzione benefica’ che aiuterà a resettare le relazioni commerciali internazionali su fondamenta più solide. A parlare, anzi a scrivere, non è un falco scalmanato dell’amministrazione di The Donald ansioso di mandare a picco l’industria europea dell’auto e i colossi high-tech cinesi, ma un insospettabile economista che per la sua posizione dovrebbe essere agli antipodi della visione trumpiana: Mohamed A. El-Erian, Chief Economic Adviser di Allianz. L’economista espone la sua tesi in una column su Project Syndacate, sito noto per il suo equilibrio e moderazione, sotto il titolo significativo: "La dialettica della politica del commercio mondiale, distruzione benefica". La premessa è che la svolta protezionista USA potrebbe rappresentare il classico rischio che racchiude un’opportunità perché potrebbe aver aperto una finestra per migliorare il funzionamento di economie e commercio globali.

LO SCHEMA DEL GIOCO COOPERATIVO NON FUNZIONA PIÙ


Seguiamo brevemente il ragionamento di El-Erian, che parte dalla considerazione che oggi c’è un ampio consenso su quattro punti. Il primo è che un sistema commerciale libero e leale sia nell’interesse di tutti, ma non sufficiente a garantire una prosperità inclusiva. Secondo, il miglior schema per ottenere benefici reciproci è il ‘gioco cooperativo’. Ma un accumulo di legittime contestazioni sta minando l’ideale e anche la realtà del fair trade, soprattutto in materia di barriere non tariffarie, che riguardano il furto di proprietà intellettuale, la trasformazione in armi commerciali degli strumenti di politica dello sviluppo, l’inadeguatezza di istituzioni multilaterali credibili e un ordine economico e finanziario meno stabile. Il tutto comporta che risolvere queste problematiche si è mostrato sinora un processo esasperatamente lento. Trump ha cambiato il gioco e cominciato a usare dazi e tariffe per modificare i comportamenti scorretti e indesiderati. Secondo l’economista i casi di Canada, Messico, Corea e, a suo avviso, inevitabilmente anche Cina, mostrano che funziona e porta a risolvere le vertenze.

DA UNA TESTA UN VOTO ALLA CONTA DELLE AZIONI


Insomma, e qui non parla più El-Erian, il gioco della guerra, se resta un gioco, funziona meglio del gioco della cooperazione. Funziona perché i negoziati, se non sono accompagnati dalla minaccia di penalizzare i comportamenti scorretti, diventano rituali lunghissimi e inconcludenti con set di regole condivise che sembrano fatte apposta per essere aggirate. Come se si introducesse per legge un certo reato senza prevedere sanzioni. Certo, questo porta a un sistema che somiglia più a quello di una società per azioni, dove chi ne ha di più comanda, che a una cooperativa, dove ogni testa conta un voto per quanto piccola sia. Ma se il risultato è un'economia globale che cresce di più e riduce il rischio di instabilità finanziaria con il risultato di una prosperità più inclusiva, forse ci si può stare. Ci chiediamo: il modo di ragionare di El-Erian si può applicare anche alla geopolitica? In altre parole, come il protezionismo di Trump, anche il sovranismo, che sta emergendo in Europa e potrebbe affermarsi alle elezioni di fine maggio, potrebbe essere una ‘distruzione benefica’?

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ALL’EUROPA PUÒ SERVIRE UNA DISTRUZIONE DALL’INTERNO


Per trovare una risposta chiediamo aiuto al columnist del WSJ Joseph C. Sternberg che qualche giorno fa ha scritto che l’Europa può salvarsi con una ‘distruzione dall’interno’. L’editorialista parte da un recente documento del Council on Foreign Relations, un organismo dichiaratamente pro-EU, titolato: “Come gli anti europei vogliono fare a pezzi l’Europa e cosa si può fare per fermarli”. Il modo migliore per salvare l’Unione, secondo Sternberg, è ‘lasciarli fare’. I partiti oggi al governo in Europa in Commissione e al Parlamento, centro-destra e centro-sinistra, secondo questa analisi sono in stato di ‘denial’, vale a dire che negano una realtà che non vogliono vedere. Sternberg invece ‘vede’ dei distruttori che a differenza della vecchia guardia sono capaci di ‘energizzare’ gli elettori e mobilitarli, e messi insieme potrebbero portare a casa un terzo dei seggi nel Parlamento che uscirà dalle elezioni di fine maggio. Una minoranza di blocco importante, se fosse una società per azioni, che potrebbe influenzare le relazioni con la Russia e il contenzioso commerciale con gli USA. Lo sbaglio, prosegue il ragionamento, è pensare che sia un male. Intanto perché i distruttori non sono, o non sono tutti, euroscettici. E poi una loro forte rappresentanza darebbe vita a un Parlamento più vivace e più connesso agli elettori con i ‘distruttori’ destinati a scoprire che la risposta alle loro istanze in materia ad esempio di immigrazione o di politiche fiscali e di bilancio è più integrazione, e non meno. E a portare avanti politiche vantaggiose per gli europei e non solo per le istituzioni europee.

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BOTTOM LINE


Il trumpismo commerciale potrebbe aprire una nuova fase, dove un multilateralismo contrattato tra le grandi potenze economiche prende il posto di un mondialismo fatto di tante regole che restano solo scritte. E la forza distruttiva dei sovranisti potrebbe costringere l’Europa a incamminarsi verso un’integrazione più sostanziale e meno cristallizzata nei formalismi dei riti comunitari. E’ possibile, anzi molto verosimile, che centro-destra e centro-sinistra europei siano costretti dai numeri a dar vita a una grande coalizione per mantenere il potere. Speriamo che trovino la creatività per inventarsi qualcosa di meno banale. E pericoloso.
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