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Federal Reserve

Inflazione Usa, la Fed non dimentichi la lezione degli anni ‘60

Secondo alcuni economisti la teoria secondo cui un basso tasso di disoccupazione può aumentare i salari e incrementare il tasso di inflazione non è affatto superata

27 Febbraio 2019 11:00

Se si osserva la traiettoria dell’inflazione USA (CPI ) degli ultimi 12 mesi si nota in modo piuttosto evidente come, dopo aver toccato un massimo a luglio 2018 (2,95%), si sia gradualmente ridotta fino quasi a dimezzarsi a gennaio 2019 (1,55%). Tuttavia, nonostante questo evidente trend, alcuni economisti temono una replica in stile anni '60 da parte della Fed, quando il comportamento attendista da parte della banca centrale determinò le premesse per una crescita duratura e significativa dei prezzi al consumo negli Stati Uniti. In particolare, venerdi scorso, un trio di eminenti economisti ha dichiarato di essere preoccupato che la Federal Reserve stia perdendo di vista i prodromi di una potenziale maggiore inflazione USA.

LO STUDIO DI TRE ECONOMISTI


"La Fed non dovrebbe essere compiaciuta delle basse pressioni inflazionistiche", hanno affermato Peter Hooper, capo della ricerca economica di Deutsche Bank Securities, Frederic Mishkin, ex governatore della Fed, e Amir Sufi, professore di economia all'Università di Chicago Booth School of Business. Sebbene secondo gli stessi tre esperti, ci siano ancora poche prove concrete, la teoria secondo cui un basso tasso di disoccupazione può incrementare i salari e, a cascata, alimentare l’inflazione USA, una relazione nota come la curva di Phillips, non è affatto superata.

FED, LA SVOLTA AD ‘U’ DI INIZIO 2019


Per tutto il 2018, la Fed ha proseguito il proprio percorso di rialzo dei tassi di interesse a un ritmo costante, dichiarando che era necessario per controbilanciare il rischio che l'economia si surriscaldasse e che l'inflazione USA potesse accelerare al rialzo.
All’inizio di quest'anno, invece, la banca centrale statunitense ha imboccato una svolta ad ‘U’, assumendo un atteggiamento più paziente sia sui tassi di interesse che sul bilancio. I funzionari della Fed hanno sottolineato che le pressioni inflazionistiche sono state "attenuate" e il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, un'influente membro ‘colomba’ nel board della banca centrale, ha sostenuto che la curva di Phillips "ha mostrato i propri limiti negli ultimi due decenni".

Per Wall Street è stato il miglior inizio d’anno dal 1987


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UN PARALLELISMO CON LA FED DEGLI ANNI ‘60


Resta il fatto che, nel disegnare uno degli scenari peggiori, Hooper e i suoi coautori hanno rivelato che i loro modelli mostravano che l'inflazione di fondo potrebbe accelerare tra il 2,75% e il 4,25% nei prossimi tre anni se il tasso di disoccupazione scendesse al 3% e se le aspettative di inflazione non fossero modificate. I ricercatori hanno anche affermato che, se ciò accadesse, la Fed reagirebbe rapidamente. Tuttavia nel loro studio, i tre economisti hanno sottolineato che esiste un rischio: l'inflazione potrebbe rapidamente uscire dalla sua recente stasi "soprattutto se le pressioni politiche cominciassero ad influenzare le aspettative del mercato". E questo è esattamente quello che è successo negli anni '60. Tra il 1959 e il 1964 l’inflazione USA oscillò al di sotto dei due punti percentuali: ma dal 1965, complice una Fed molto poca attenta alle tensioni sui prezzi al consumo che si stavano delineando nell’economia americana, il carovita statunitense si portò in rapida successione fino al 6% nel 1969.

I TIMORI DEL PRESIDENTE DELLA FED DI NEW YORK


Non è un caso che il presidente della Fed di New York, John Williams, abbia affermato che la curva di Phillips Curve sia assolutamente ancora attuale, in particolare se si escludono alcuni beni e si utilizzano principalmente i prezzi dei servizi. Williams, di conseguenza, ha precisato che la banca centrale deve essere molto vigile sull'inflazione USA e altrettanto attenta al calo delle aspettative dei prezzi al consumo.
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