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Valuta, inflazione e tensioni politiche: i punti deboli della Turchia

La lira turca ha perso il 25% negli ultimi 12 mesi per tante ragioni di tipo strettamente macroeconomico, ma anche per difficoltà di natura politica.

30 Maggio 2018 09:39

Da quando il dollaro, lo scorso 19 aprile, ha innestato la marcia superiore, gli impatti sulle valute dei mercati emergenti sono stati evidenti. Infatti, da quel momento, a fronte di una apprezzamento del 6,4% del biglietto verde rispetto all’euro, diverse monete dei paesi in via di sviluppo hanno perso terreno: dal peso messicano (-0,95%) al real brasiliano (-2,55%), dal peso argentino (-12,88%) allo zloty polacco (-3,14%).

LE VALUTE EMERGENTI PIÙ RESILIENTI


Ma non tutte. Altre valute emergenti hanno infatti messo a segno delle rivalutazioni: dal rublo russo (+3,83%) al rand sudafricano (+2,05%), dal renminbi cinese (+4,48%) alla rupia indiana (+4,82%). Apprezzamenti valutari rispetto all’euro che però risultano inferiori a quello registrato dal dollaro (+6,4%): pertanto, il rialzo del biglietto verde ha fatto sentire i propri effetti negativi sulle principali divise emergenti sebbene con diverse gradazioni.

I PAESI EMERGENTI NON SONO TUTTI UGUALI


Questo perché, come più volte abbiamo ripetuto di recente, i paesi emergenti non sono affatto tutti uguali in termini di bilancio statale, export, bilancia commerciale, crescita, riserve valutarie, inflazione e competitività. Uno dei paesi in via di sviluppo che è attualmente in maggiore difficoltà è la Turchia. Una conferma, in questo senso, è l’ultima decisione adottato il 23 maggio scorso dalla banca centrale turca che ha alzato di 300 punti base (+3,00%), portandolo al 16,50%, il tasso di rifinanziamento di liquidità, ovvero il tasso al quale essa effettua i prestiti alle banche commerciali.

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NEGLI ULTIMI 12 MESI LIRA TURCA -25%


Una mossa deliberata per cercare di frenare la caduta della lira turca che dal 19 aprile scorso ha perso il 6,5% circa rispetto all’euro e circa il 25% negli ultimi 12 mesi. Tante le ragioni alla base di queste cattive performance. Infatti se è vero che la crescita del PIL dovrebbe essere quest’anno del +3,2% e il prossimo del +3,7%, è altrettanto vero che si tratta di risultati frutto di politiche monetarie, fiscali e parafiscali espansive.

[caption id="attachment_126644" align="alignnone" width="800"]L'andamento del cambio dollaro USA/lira turca (Fonte: fred.stlouisfed.org) L'andamento del cambio dollaro USA/lira turca (Fonte: fred.stlouisfed.org)[/caption]

INFLAZIONE AL 13%


Un insieme di fattori che, insieme all’aumento del credito e di un output gap positivo (differenziale tra crescita del PIL effettiva e crescita del PIL potenziale) hanno fatto salire l’inflazione che, secondo alcune stime, dovrebbe raggiungere il 13% nei prossimi mesi, penalizzato anche dalle ripercussioni della svalutazione. “A seguito delle politiche monetarie e fiscali accomodanti e del rialzo del prezzo del petrolio, il deficit delle partite correnti si è ampliato e dovrebbe raggiungere il 6% del PIL nel 2018. Tale gap è compensato solo in minima parte dagli investimenti diretti esteri” fanno sapere gli esperti di AMUNDI nell’ultimo weekly market review.

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LE TANTE VULNERABILITÀ DELLA TURCHIA


Ma sono comunque tante le vulnerabilità macroeconomiche della Turchia. Dalle passività nei confronti del debito estero alle limitate riserve in valuta straniera, dalla scarsa liquidità all’ingente indebitamento che pesa sul settore societario privato, fino al bilancio del settore bancario, cresciuto in modo esponenziale, e che rimane fortemente esposto all’indebitamento del settore societario: una situazione che ha fatto aumentare in modo significativo la percentuale di crediti incagliati.

SITUAZIONE POLITICA COMPLESSA


“A queste vulnerabilità di un contesto macroeconomico in via di peggioramento va ad aggiungersi una situazione interna e geopolitica che è tesa e che continua a esserlo” aggiungono i professionisti di AMUNDI. Nuove elezioni presidenziali e parlamentari anticipate sono state indette dal presidente Erdogan per il prossimo 24 giugno 2018, 18 mesi prima del previsto. Il presidente sembra infatti temere che il ritmo della crescita possa non essere mantenuto per altri 18 mesi senza gravi danni. “Se da un lato è probabile che Erdogan vinca le elezioni presidenziali, dall’altro rimangono dei dubbi riguardo al fatto che l’alleanza AKP-MHP riesca a ottenere la maggioranza in Parlamento” concludono gli esperti di AMUNDI.
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