In comune hanno la dipendenza dalle esportazioni, non la moneta e nemmeno la lingua, ma tutte e sette le economie dell’area che va dai confini russi sul Baltico a quelli nordici della Germania stanno godendo di
una buona crescita sincronizzata grazie alla ripresa globale, anche se il traino della crescita non è omogeneo. I tre paesi baltici, Estonia, Lettonia e Lituania, hanno in comune con le vicina Finlandia la moneta unica europea, mentre Danimarca, Svezia e Norvegia sono rimaste fedeli alle rispettive corone. Ma le rispettive politiche monetarie sono tutte improntate all’espansione, e imprese e famiglie ne beneficiano.
IN CRESCITA CON O SENZA PETROLIO
Quella che va un po’ meglio delle altre è la Norvegia, per una ragione che si chiama petrolio, di cui il paese dei fiordi e dei vichinghi è un grande esportatore.
Più soldi dal petrolio vuol dire più soldi per investimenti e anche tassi bassi, perché le entrate da petrolio gonfiano la bilancia dei pagamenti e mantengono la corona forte. In Finlandia anche senza petrolio è finalmente arrivata la ripresa e punta a una crescita del 2,5% sia quest’anno che il prossimo, sostenuta da export e investimenti e anche dalla pace sociale dopo l’accordo governo-sindacati del 2016. Crescita anche in Danimarca, ma in questo caso sostenuta dai consumi interni, ma anche da investimenti e da edilizia residenziale.
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LA LETTONIA FA MEGLIO
I paesi baltici hanno rallentato un po’, ma la crescita resta robusta, specialmente in Lettonia, mentre le previsioni sono meno brillanti per Estonia e Lituania. Qui il problema è il costo del lavoro, con l’occupazione ai massimi potrebbero partire spinte inflazionistiche. Anche in Svezia la crescita ha rallentato ma resta sostenuta, grazie a una politica monetaria che resta rilassata anche se gli obiettivi di inflazione della Banca Centrale sono stati superati. Il PIL è atteso al 2,6% quest’anno e al 2,2% il prossimo. Qui a tirare l’economia non sono i consumi ma la forza del manifatturiero.
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IL LUSSO DELLA CORONA
La ricetta vincente della Svezia è stata una corona deliberatamente tenuta debole, un lusso che I baltici e la Finlandia legati all’euro non si sono potuti permettere. La Riksbank, come si chiama da quelle parti la banca centrale, continua a prendersi il rischio di tenere i tassi estremamente bassi nonostante il boom economico. In cambio ha una corona storicamente debole che aiuta l’export. Alla fine la conclusione potrebbe essere, per l’investitore che vuol restare in Europa ma
alla larga dalle turbolenze tipo Brexit, Catalogna e ora Italia, che i Nordici sono un’alternativa interessante.