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Smartphone e innovazione, la storia non sempre è scritta dai vincitori

Nei primi anni ’90 la General Magic aveva inventato un prototipo di smartphone, ma qualche anno dopo è fallita. Morale? Partire prima non è sempre un vantaggio. E la sola idea può non bastare.

9 Maggio 2018 07:50
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Scoprire le prossime Amazon, Google o Apple è il sogno di ogni investitore. Chi ha puntato – in tempi non sospetti – su queste due aziende ha portato a casa rendimenti da capogiro. È comprensibile, quindi, che oggi molti investitori siano alla ricerca delle start up più innovative, i cosiddetti “unicorni”, per fare il colpo della vita. Ma per un’azienda essere innovativa non significa sempre avere un futuro roseo. E un investitore che punta su una società non abbastanza solida rischia di farsi male. Come dimostra l’esempio della General Magic, avere la tecnologia (o l’idea) giusta non basta: serve farla arrivare sul mercato al momento giusto.

LA STORIA


General Magic è la compagnia che nei primi anni ’90 ha sviluppato un nuovo tipo di dispositivo di comunicazione portatile considerato il precursore dello smartphone. Ma nonostante un’idea (a posteriori) vincente è fallita nel 2003, esattamente pochi anni prima che iniziasse il boom dei dispositivi di comunicazione di nuova generazione sviluppati e commercializzati da Apple, Samsung e Huawei. Una vicenda che conferma che la storia non sempre è scritta dai vincitori.

ALLENZA CON 16 PARTNER INDUSTRIALI


Ripercorre questa vicenda aiuta a capire cosa sia andato storto nell’azienda che, di fatto, ha creato lo smartphone. General Magic era una società fondata da Bill Atkinson, Andy Hertzfeld e Marc Porat che avevano sviluppato un nuovo tipo di dispositivo di comunicazione portatile chiamato "personal intelligent communicator", il prototipo degli attuali smartphone. Nel 1994, la General Magic strinse un’alleanza strategica con partner industriali estesa a 16 società globali di telecomunicazioni e di elettronica di consumo, tra cui Cable & Wireless, France Telecom, NTT, Northern Telecom, Toshiba, Oki, Sanyo, Mitsubishi e Fujitsu.

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DALL’IPO AL FALLIMENTO IN OTTO ANNI


Nel 1995 venne poi lanciata una IPO sul NASDAQ con il titolo che quasi raddoppiò il primo giorno di quotazione, chiudendo a 26 dollari per azione: fu quello il punto più alto della storia dell'azienda. E ovviamente anche per chi ci aveva investito. Ma dopo otto anni questo promettente inizio sfociò in un fallimento. Allora cosa andò storto? Innanzitutto va ricordato che internet all’epoca era molto meno diffuso, poco trasparente e con standard ancora tutti da costruire e condividere. Per fare un esempio, sarebbe stato necessario diffondere l’utilizzo del Magic Link, il dispositivo per inviare e ricevere dati di Sony basato sul sistema operativo Magic Cap della General Magic, ma sarebbe stato necessario uno sforzo economico e commerciale spropositato per quei tempi.

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UN PROBLEMA DI COSTI


Un altro problema era il prezzo: il Magic Link costava 800 dollari: un prezzo estremamente elevato rispetto ai dispositivi concorrenti, che difficilmente superavano i 200 dollari. Inoltre General Magic aveva concesso in licenza le tecnologie, sia software sia hardware, ma non aveva il controllo sul prezzo finale del dispositivo al consumatore. Si cercò quindi di guidare le scelte industriali al fine di far diminuire la lista dei componenti, ma era una questione di scala di valori: per esempio, le schede madri degli smartphone, che oggi costano mediamente 35 dollari, allora costavano oltre 10 volte tanto.

L’IDEA NON BASTA


Insomma, anche se il concetto e l'idea dello smartphone erano corretti, non era ancora il momento giusto per il lancio sul mercato. Conoscere nel dettaglio le caratteristiche di una società è fondamentale per investire in modo oculato. Ma trovare informazioni su start up ancora poco note non è semplice per un risparmiatore privato. Al contrario, le più importanti società di gestione hanno mezzi ed esperti in grado di scovare aziende innovative e in grado di impattare il mercato. E soprattutto sono in grado di valutarne le prospettive di crescita dopo aver considerato fattori che esulano dalla sola idea, a partire dai bilanci e dalla sostenibilità economica. Senza dimenticare, infine, che quando si investe in aziende innovative bisogna avere la pazienza – e il sangue freddo – di incassare possibili battute d’arresto. Come, d’altra parte, è successo anche ad Amazon o a Apple prima di decollare definitivamente.
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