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ETP, ad agosto sfida all’ultimo sottoscrittore azionario tra USA e Giappone

La raccolta degli ETP a livello globale è stata pari a 47,4 miliardi di dollari, 33,5 dei quali in prodotti azionari e 12,2 miliardi in prodotti obbligazionari.

22 Settembre 2017 09:40
financialounge -  ETF ETP giappone USA

Ad agosto gli ETP (l’insieme aggregato di ETF, ETC e ETN) azionari USA large cap hanno raccolto 8,6 miliardi di dollari, mentre gli ETP azionari Giappone hanno incamerato 8 miliardi.  È stata questa la sfida al fotofinish più combattuta nel mese estivo sui mercati internazionali che hanno visto affluire su tutti gli ETP a livello mondiale 47,4 miliardi di dollari (che salgono a 419,2 miliardi da inizio anno).

Nella graduatoria top five delle sottoscrizioni mensili, al terzo posto figurano gli ETP corporate bond investment grade (4,2 miliardi), al quarto gli azionari paesi emergenti (3,6 miliardi) e in quinta posizione gli azionari EAFE (3,2 miliardi).

Le cinque categorie di ETP che invece hanno accusato maggiori deflussi mensili sono state quella degli azionari auriferi (-800 milioni), quella degli specializzati sull’argento (-300 milioni), quella azionaria Brasile (-200 milioni), quella degli specializzati sul petrolio (-200 milioni) e quella azionaria Russia (-200 milioni).

A livello aggregato, gli ETP ad indirizzo azionario hanno contabilizzato sottoscrizioni nette mensili per 33,5 miliardi (291,3 miliardi da inizio anno), mentre quelle relative agli ETP a vocazione obbligazionaria si sono fermate a 12,2 miliardi (113,7 miliardi da inizio anno).

Gli ETP specializzati sulle commodity hanno totalizzato flussi netti positivi per 1,1 miliardi essenzialmente per le adesioni agli ETP specializzati sull’oro.

Se dall’inizio di quest’anno si è notata una divergenza di orientamento sull’oro da parte degli investitori statunitensi (piuttosto freddi su questa asset class) rispetto a quelli dell’area EMEA (più inclini ad investirvi), nel mese di agosto i flussi in ingresso sono risultati positivi sia per gli ETP quotati negli Stati Uniti (1,1 miliardi di dollari) che per quelli quotati in Europa (300 milioni): sembra quindi che le crescenti tensioni tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord, abbiano indotto anche gli investitori statunitensi a considerare l’oro come bene rifugio.
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