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High yield, i problemi del settore retail non sono solo causati da Amazon

Sui negozi retailer pesano l’elevata leva finanziaria, una filiera poco flessibile e costosa, e un approccio impreparato alle nuove abitudini dei consumatori.

18 Settembre 2017 10:16
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Dall’inizio di quest’anno, il settore retail ha mostrato una scarsa dinamicità registrando un rendimento medio dello 0,38% mentre il resto del mercato high yield statunitense segnava un rotondo +4,8% (dati al 28 giugno 2017). Storicamente, i settori che registrano le performance peggiori tendono a invertire il trend dopo il default e il processo di ristrutturazione, come successo alle società legate all’energy e alle commodities nel 2014-15 e nel 2016.

“Riteniamo che il settore retail debba in ogni caso essere osservato con cautela nel corso della restante parte dell’anno” tiene tuttavia a precisare Regina Borromeo, Portfolio Manager del [tooltip-fondi codice_isin="IE00B7F9FM77"]Legg Mason Brandywine Global Income Optimiser Fund[/tooltip-fondi], la quale, peraltro, registra pure cambiamenti nella struttura del capitale di alcune società investment grade, con Nordstrom che potrebbe ri-privatizzarsi e voci intorno ad un possibile LBO (leverage buy out, acquisizione attraverso debito) su Staples.

“In modo simile a quanto successo su alcune emissioni high yield di petrolio e gas, alcune società nel retail ricercano modi creativi per generare liquidità, attraverso fonti di finanziamento alternative ed allungando le scadenze” specifica la manager. “Per avere successo nel lungo termine, gli operatori del settore dovranno disporre sia di una presenza digitale e sia fisica, essere capaci di controllare la loro filiera e di adattarsi alle nuove abitudini dei consumatori” spiega Regina Borromeo seconda la quale solo mettendo in atto trasformazioni del proprio modello di business altrettanto profonde gli attuali player del mercato potranno superare i problemi strutturali.

Anche perchè le catene retail fanno fatica a stare al passo con la concorrenza dell’e-commerce, e l’aumento delle penetrazione tecnologica nelle case, con l’esordio di dispositivi di intelligenza artificiale come l’assistente digitale Alexa, sviluppato appunto da Amazon, non agevola certo: i consumatori non devono neanche più cliccare per acquistare, basta chiedere ad Alexa, che processerà l’ordine al posto loro.

“Non si tratta di un trend temporaneo quanto piuttosto di un cambio di paradigma nel comportamento dei consumatori non ancora ben compreso da molti commercianti al dettaglio. I cartelli dei ‘saldi’ in vetrina e gli account di posta che straripano di e-mail commerciali non segnalano solo un’industria in sofferenza, ma una profonda distanza tra commercianti e consumatori” puntualizza Regina Borromeo, che consiglia alle aziende del settore di guardare oltre ai saldi e alle promozioni per riconciliarsi con il nuovo comportamento dei consumatori: è indispensabile infatti agire sul forte indebitamento ed sulla scarsa, se non negativa, generazione di utili.
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