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Mercati emergenti, caccia grossa al rendimento

Gli emergenti rappresentano un’occasione di investimento. Ma è fondamentale distinguere tra i vari paesi e mantenere… il sangue freddo.

5 Giugno 2017 00:01
financialounge -  cina filippine india mercati emergenti messico Pakistan rendimenti Russia

Cercare rendimenti interessanti, in ambito obbligazionario e non solo, sta diventando sempre più complicato per gli investitori. Cercarli all’interno dei paesi sviluppati, poi, richiede una creatività notevole. Quindi la domanda è: dove si possono trovare questi potenziali rendimenti elevati? Gli esperti, al momento, sembrano concordi nel guardare ai mercati emergenti come terreno ideale per la “caccia grossa al rendimento”. Ma come nella caccia grossa vera e propria, anche quella ai rendimenti presenta rischi maggiori rispetto a investimenti più sicuri e potenzialmente meno redditizi. Conoscenza, cautela, precisione e sangue freddo, quindi, sono caratteristiche fondamentali per arrivare al tanto agognato rendimento nell’eccitante, quanto rischioso, terreno dei mercati emergenti.

DEFINIRE “EMERGENTI” Cosa intendiamo esattamente quando aggiungiamo “emergenti” al termine “mercati”? A grandi linee, il riferimento è a paesi con economie non ancora pienamente sviluppate e strutturate ma in possesso di un grande potenziale di crescita. Paesi, dunque, che necessitano di grandi capitali per crescere ma caratterizzati da un’instabilità politica e sociale che può mettere a repentaglio gli investimenti stessi. Molto spesso, quando si parla di emergenti, si nominano i BRIC, acronimo di Brasile, Russia, India, Cina a cui più tardi è stata aggiunta la “S” di Sudafrica. A livello di indici, invece, l’universo degli emergenti è racchiuso nell’MSCI Emerging Markets, che comprende oltre ai cinque paesi già nominati altri 23 paesi, e ne misura le performance economiche.

[caption id="attachment_115605" align="alignnone" width="600"]Il distretto finanziario di Kuala Lumpur, in Malesia Il distretto finanziario di Kuala Lumpur, in Malesia[/caption]

OCCHIO ALLE DIFFERENZE – Se gli analisti sono concordi nel ritenere gli emergenti un settore in cui cercare rendimenti, lo sono anche nel mettere in guardia dal ritenerli una categoria omogenea. L’industrializzazione della Cina aveva trascinato altri paesi produttori di materie prime in una fase di crescita comune, in cui i fondamentali dei paesi emergenti erano effettivamente simili. Ma da allora sono cambiati molti fattori e all’interno della “famiglia” i tempi e le modalità di crescita sono stati molto diversi. Se non si vuole incappare in brutte sorprese, quindi, è bene tenere a mente che ogni paese presente delle peculiarità, nonostante la definizione comune di mercato emergente.

LEPRE INDIA, TARTARUGA BRASILE – Per capire le differenze tra i singoli paesi, un metodo può essere guardare i tassi di crescita del PIL su base annuale registrati a settembre del 2016. Spicca il 7,2% dell’India, dove la lotta all’evasione fiscale attraverso la demonetizzazione e una coraggiosa riforma fiscale stanno portando i primi frutti dopo lo shock iniziale. Una crescita, tanto per rimarcare le differenze di cui sopra, un po’ più veloce della Cina visto che l’India, favorita anche dalla diffusione dell’inglese, sta puntando sui servizi: “L’India - spiega Madhav Bhatkuly, gestore di GAM esperto di India - sta saltando il passaggio intermedio dell’industrializzazione pesante, da economia agricola sta diventando economia di servizi, che valgono circa il 60% del PIL". Una crescita che sta attirando l’attenzione di importanti società di gestione del risparmio. Profondamente diversa la situazione in Brasile, dove la crescita già debole (0,5%) è attualmente minacciata dallo scandalo corruzione che rischia di travolgere il presidente Temer. L’agenzia Moody’s, dopo aver abbassato il rating della Cina, ha calato la scure anche sul debito del Brasile: ma questo, visto quanto accaduto nel 2008 con Lehman Brothers, che ha mantenuto un rating elevato fino al giorno prima di fallire, forse è il problema minore per la più grande economia sudamericana.

DEMOGRAFIA E PRODUTTIVITÁ – Tuttavia, incremento demografico e aumento della produttività rappresentano i punti di forza delle economie emergenti più interessanti per gli investitori. Anche qui, però, vanno fatte delle distinzioni. La Russia, per esempio, è soggetta a un invecchiamento della popolazione simile a quello del Giappone e basa la propria economia sulle fonti energetiche. Le Filippine, che rientrano sempre nella categoria “emergenti”, presentano un’economia legata ai consumi interni, favorita da una crescita della popolazione che le pone tra i paesi più avvantaggiati nel mondo. Mentre il Pakistan, a riprova della variabilità del panorama "emergenti", è in procinto di entrare a far parte della categoria.

TRUMP NON FA PAURA – L’ottimismo degli analisti verso i paesi emergenti è dovuto anche alla cautela di Trump. Il presidente USA, che in campagna elettorale invocava muri e accusava la Cina di giocare sulla svalutazione per incrementare le esportazioni, nei fatti sta ammorbidendo molto le sue posizioni nei confronti di Pechino. Sul fronte export, infatti, il nemico sembra essere diventata la “cattiva” Germania e non più la Cina, dove peraltro molte floride aziende americane hanno stabilimenti di produzione. Anche qui, però, è bene distinguere e precisare che questo atteggiamento diplomatico di Trump potrebbe favorire, tra gli emergenti, il Messico. Allo stesso modo i paesi emergenti stanno godendo della ripresa del commercio globale (+1,4% nel primo trimestre 2017) certificata dal Netherlands Bureau for Economic Policy Analysis.

[caption id="attachment_115608" align="alignnone" width="600"]La Borsa di Shenzhen, una delle più importanti della Cina La Borsa di Shenzhen, una delle più importanti della Cina[/caption]

CINA – Un capitolo a parte merita la Cina, la cui crescita rimane sostenuta e, a differenza del passato, sta virando su un'economia sostenuta sui consumi domestici. "La transizione dell'economia cinese da un modello basato sull’export e guidato dagli investimenti a un’economia dettata dai consumi è una realtà - spiega Dawid Krige, Advisor del fondo Banor SICAV Greater China Long Short Equity - e ci aspettiamo che questo trend duri per almeno il prossimo decennio o due. Il Governo cinese ha esplicitato le proprie principali politiche con un focus sulla crescita dei consumi, il mantenimento della stabilità valutaria e il controllo dei livelli di debito e tutte queste politiche sono state eseguite con successo". Tuttavia, l'imprevedibilità di Trump rappresenta un potenziale rischio per la Cina, insieme al controllo dei livelli di debito. Due fattori su cui, assicura lo stesso Krige, "siamo fiduciosi ma continuiamo a monitorare".

SANGUE FREDDO PER DIVERSIFICARE – Tenendo bene a mente che tra i paesi emergenti esiste una forte disomogeneità, ma che spesso le variazioni repentine dei mercati sono un elemento comune, si può dire che questo tipo di investimento rappresenta un’occasione per diversificare il proprio portafoglio. Un aiuto, nella valutazione della convenienza dei mercati, può arrivare dal rapporto prezzo/utili corretto per il ciclo economico, che al momento stima come "convenienti" la stragrande maggioranza degli emergenti. L’importante è non perdere la calma davanti a oscillazioni repentine e accettare una logica di rischio legato al lungo termine, scegliendo con l’aiuto di un esperto i paesi, i settori e le singole aziende in cui investire a seconda delle proprie esigenze.
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