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Andrew Harmstone

High yield USA, una riserva di rendimento per l’investitore obbligazionario

L’high yield USA offre circa il 2% in più rispetto agli high yield europei mentre sembrano essersi attenuate le ragioni (prezzo del petrolio e default) di tale spread.

20 Dicembre 2016 09:57
financialounge -  Andrew Harmstone High Yield mercati obbligazionari Morgan Stanley OPEC petrolio settore energetico USA

Il rendimento del settore obbligazionario high yield statunitense continua ad offrire, in base agli indici BofA Merrill Lynch, circa 200 punti base (+2,0%) in più rispetto all’high yield europeo. La ragione in base alla quale esiste questo differenziale è il forte calo del prezzo del petrolio e, a cascata, il fatto che il settore energetico high yield USA pesi per circa il 14% del totale contro il 6-7% soltanto per l’high yield europeo.

Dal 2015, e ancora di più dall’11 febbraio 2016 (quando il prezzo del petrolio ha toccato il suo minimo) i corsi petroliferi sembrano essersi stabilizzati mentre lo spread tra i settori high yield europeo e statunitense permane ampio.

Un indicatore chiave che ha contribuito ad ampliare la forbice dello spread è quello dei tassi d’insolvenza nel settore energetico americano: in agosto il tasso medio complessivo negli Stati Uniti era pari al 5,26%, (mentre quello del settore energetico era sensibilmente più elevato e si collocava al 21,67%) ma a novembre 2016 si era già portato al 4,5%, cioè in linea con la media di lungo periodo: è quindi probabile che il peggio sia ormai alle spalle.

“Siamo convinti che lo spread, inizialmente giustificato, offra oggi un’opportunità. Riteniamo che il distress ratio (cioè il rapporto tra emittenti insolventi sul totale) stia calando grazie alla ripresa delle materie prime, al buon stato di salute complessivo dell’economia globale e alla stabilizzazione dei corsi petroliferi” fa sapere Andrew Harmstone, Managing Director di Morgan Stanley Investment Management, secondo il quale se anche gli annunciati tagli alla produzione petrolifera dei paesi Opec e non Opec non si materializzassero, sembra quanto meno improbabile che a questo punto si possa cominciare a estrarre greggio all’impazzata.

Nel contempo, prosegue la lenta ma graduale ripresa dell’economia globale: di recente il FMI ha annunciato un tasso di crescita globale del 3%, il che rende inverosimile un improvviso calo della domanda. In presenza di una crescita ragionevole, di una domanda stabile e di un’offerta minore o costante, il prezzo del petrolio dovrebbe oscillare intorno agli attuali valori (55 dollari al barile). E la stabilità del prezzo del petrolio suggerisce che le prospettive per i tassi d’insolvenza potrebbero essere meno negative.

La stabilizzazione del mercato petrolifero, accompagnata da un’economia globale solida, induce ancor di più a ritenere che i tassi d’insolvenza potrebbero aver raggiunto il punto di svolta, o quasi. E se cominciano a ridursi, lo spread tra le emissioni high yield statunitensi ed europee si normalizzerà convergendo verosimilmente verso livelli storici. Il prerequisito necessario affinché questo approccio dello spread funzioni, puntualizza Andrew Harmstone, è che i corsi petroliferi non scendano: ovvero non devono necessariamente aumentare, ma solo restare stabili.

“L’opportunità potenziale che scorgiamo nell’high yield statunitense è in larga misura riconducibile al cosiddetto ‘cuscinetto delle cedole’ generato dai coupon più elevati pagati negli USA” sostiene Andrew Harmstone. Tale cuscinetto svolge una funzione di airbag nel momento in cui l’aumento dei tassi d’interesse fa scendere il valore delle obbligazioni: un investitore perderà denaro sulla posizione obbligazionaria, ma incasserà comunque la cedola, ipotizzando che l’emittente adempia al suo obbligo di pagare il reddito promesso.

“Ciò può contribuire ad ammortizzare il colpo dell’incremento dei tassi. In genere, il cuscinetto delle cedole potrebbe essere definito come l’aumento percentuale di rendimento che provocherebbe un calo dei prezzi abbastanza ampio da annullare il guadagno derivante dal dividendo annuo del titolo obbligazionario. Tale cuscinetto è dell’1,5% negli Stati Uniti, ma solo dell’1,1% in Europa, il che vuol dire che negli USA il rendimento ha un margine di incremento maggiore prima che il guadagno derivante dalla cedola annuale venga annullato” conclude Andrew Harmstone.

** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da Morgan Stanley Investment Management

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