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Il richiamo di Draghi alla Germania su surplus e crescita forse sta facendo effetto

Il surplus delle partite correnti della Germania viola nettamente i limiti della Commissione UE: la Germania deve assolutamente investire di più per la crescita europea.

13 Settembre 2016 11:24
financialounge -  bilancia commerciale germania Mario Draghi

Forse la pubblica tirata d’orecchi alla Germania da parte di Mario Draghi in occasione della conferenza stampa di giovedì 8 settembre dopo il consiglio della BCE sta sortendo i suoi effetti, anche se non dichiarati pubblicamente da Berlino e dal suo ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble. Infatti Jack Lew il ministro del Tesoro americano parlando a New York dei risultati ottenuti dal recente G20 ha affermato che finalmente “la Germania sta mostrando aperture a un rilassamento dei target di bilancio”.

Andiamo per gradi. Il nostro ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ieri sera, in un’intervista televisiva, ha rivelato che al momento l’Italia non otterrà da Bruxelles nuova flessibilità di bilancio per il 2017 come quella concessa al nostro governo per quest’anno.

Nonostante questo ha comunque confermato che si cercherà di proseguire il percorso di taglio delle tasse e di avviare un piano di investimenti pubblici scegliendo quei progetti a più alta capacità di moltiplicazione del PIL, ma sempre preservando la discesa del deficit pubblico nel pieno rispetto degli accordi con la UE.

Peccato che altre regole europee, altrettanto rilevanti, non siano rispettate da altri paesi. Il riferimento, in particolare, è alla Germania e al suo surplus delle partite correnti, costantemente in crescita: basti pensare che si stima che quest’anno possa attestarsi al 9 per cento circa del PIL. Si tratta di una grave violazione delle regole, dettate dalla Commissione europea, per evitare gli squilibri macroeconomici della zona euro, e che circoscrivono l’ammontare massimo dei surplus al 6 per cento del PIL.

Questa violazione contribuisce ad alimentare una distorsione viziosa che sta ingessando l’intera zona euro. Infatti, Berlino si può finanziare emettendo obbligazioni statali a tassi di interesse prossimi allo zero e, in molti casi, addirittura negativi (cioè riceve soldi dagli investitori che acquistano in asta i suoi titoli di stato) ma delibera investimenti pubblici solo pari all’1,5 per cento del PIL (una delle più basse percentuali fra tutti i paesi OCSE). Inoltre in Germania i tassi di disoccupazione sono ai minimi, i salari registrano degli incrementi così come le quotazioni immobiliari, e l’industria tedesca beneficia di una valuta comune competitiva a livello internazionale perché frutto della media di tutti i paesi della zona euro.

Al contrario le economie dell’Europa meridionale sono ingessate da quasi un decennio, strette in una morsa alimentata da stagnazione, recessione e depressione dell’economia e con una situazione sociale ai limiti della sopportazione dal momento che i rispettivi governi hanno dovuto adottare severe misure di austerità che hanno inevitabilmente stimolato i risparmi e depresso gli investimenti.

Proprio la scorsa settimana il governo tedesco ha presentato il budget 2017 che, grazie anche alla crescita stimata quest’anno all’1,9% del PIL tedesco, dovrebbe prevedere un aumento della spesa pubblica del 4 per cento ma secondo diversi economisti, visto l’ottimo stato di salute dei conti pubblici e l’enorme surplus commerciale, Berlino potrebbe fare molto di più (almeno il doppio).

Anche perché se la Germania adotta politiche fiscali espansive a beneficiarne sarebbero le principali manifatture europee e guardando in casa nostra una prima stima indicherebbe un aumento del nostro export verso la Germania tra lo 0,7% e lo 0,8% del PIL.
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