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Carlo Benetti

Quella costante relazione tra l’attività normativa e le crisi bancarie

14 Luglio 2016 09:22
financialounge -  Carlo Benetti GAM non performing loan settore bancario
Nella storia dei sistemi finanziari c’è una costante relazione tra l’attività normativa e le crisi bancarie. La definizione delle regole ha effetti di lungo periodo, definisce l’architettura e il funzionamento di un sistema, determina il grado di libertà d’azione delle istituzioni finanziarie e il loro livello di competizione. Nella sua ricostruzione della crisi del 2008, Joe Stiglitz sostiene che l’innovazione risponde agli incentivi: l’incentivo delle banche ad innovare era la necessità di trovare fonti di profitto diverse dalla tradizionale intermediazione. L’ingegneria finanziaria aveva aiutato molto e una mano decisiva venne prestata dal cambiamento delle regole.

“Quello che successe nel 2008 è noto e nessuno può più permettersi un rischio contagio: la protezione dei depositi e la salvaguardia della stabilità del sistema finanziario devono continuare ad ispirare norme che non sono scritte sulla pietra ma al contrario sono sempre adattabili al mutare delle condizioni” commenta Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR, nell’Alpha e iI Beta dell’11 luglio, ricordando come ci sia anche il sistema bancario tedesco ad avere distintivi fattori di debolezza, non ultima la storica bassa marginalità.

D’altra parte le banche sono il sistema nervoso dell’economia, forniscono l’indispensabile infrastruttura finanziaria che garantisce sicurezza, comunicazione, scambi. Così come il venir meno di una infrastruttura fisica rallenta o arresta il funzionamento di un sistema, l’indebolimento dell’infrastruttura finanziaria mette a repentaglio il movimento degli ingranaggi.

In Italia, in particolare, la zavorra è nei “crediti non performanti” (NPL, Non Performing Loans), cioè i crediti in sofferenza (circa 200 miliardi di euro) e a quelli difficilmente esigibili (circa 160). Anche al netto della riduzione tra il 50% e il 60% già operata nei bilanci, si tratta di cifre ragguardevoli e distanti dai possibili valori di realizzo, un vero e proprio freno all’attività creditizia. Le norme europee vietano gli aiuti governativi per non alterare le condizioni di concorrenza e, per non gravare sempre e solo sui contribuenti, gli aiuti pubblici possono intervenire solo in seguito al concorso di azionisti e obbligazionisti.

“Questo coinvolgimento, noto come ‘bail-in”, è al momento il miglior strumento per impedire o perlomeno attenuare l’azzardo morale del management, cioè l’assunzione disinvolta di rischi (ovvero erogazione disinvolta del credito agli amici) nella certezza che, quando le cose si mettono male, ci sarà sempre lo stato (ovvero tutti i contribuenti) a metter mano alla borsa” puntualizza Carlo Benetti.

Le soluzioni di mercato e le iniziative legislative per accelerare le procedure giudiziarie del loro recupero richiedono un tempo che non c’è: i rischi della possibile inversione del ciclo rendono urgente individuare un percorso sostenibile e credibile per rimettere in grado le banche di prestare a famiglie e imprese. La sospensione dei rimborsi di quote di fondi immobiliari in Gran Bretagna fanno risaltare l’urgenza tra le eco sinistre del 2007, quando tutto cominciò proprio in quel modo. E se nel resto d’Europa i titoli bancari sono in larga parte nei portafogli istituzionali, in Italia ci sono qualcosa come 200 miliardi di euro di subordinati bancari nei risparmi delle famiglie.
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