Brexit
Mai tanto cash nei portafogli dal 2001
15 Giugno 2016 09:32
a risalire a novembre 2001, in pieno sgonfiamento della bolla di Internet e ancora sotto lo shock degli attacchi dell’11 settembre, per trovare gli investitori globali così pieni di cash come sono oggi.
I dati sono della global fund manager survey di Bank of America Merrill Lynch e ci dicono che i fund manager detengono in cash il 5,7 per cento dei propri portafogli, in rialzo rispetto al 5,5 per cento di maggio, raggiungendo appunto il livello più alto da quasi 15 anni.
Allo stesso tempo il livello di azioni negli stessi portafogli è sceso ai minimi da quattro anni, con appena l’1 per cento dei gestori che sovrappesa l’equity nella propria asset allocation, contro il 6 per cento del mese scorso.
Quali sono i rischi che inducono a rifugiarsi nel cash e a fuggire dalle azioni? Il Financial Times mette ovviamente al primo posto il rischio Brexit per l’impatto che avrebbe sull’economia globale. Infatti il 26 per cento di quelli passati in rassegna dalla survey giudicano la sterlina sottovalutata dopo le pesanti perdite subite nelle ultime settimane. Al secondo posto quello che ormai viene battezzato il “fallimento quantitativo”, vale a dire l’incapacità delle banche centrali di far ripartire la crescita con lo stimolo monetario. Segue il timore di una svalutazione se non addirittura un default della Cina.
I dati sono della global fund manager survey di Bank of America Merrill Lynch e ci dicono che i fund manager detengono in cash il 5,7 per cento dei propri portafogli, in rialzo rispetto al 5,5 per cento di maggio, raggiungendo appunto il livello più alto da quasi 15 anni.
Allo stesso tempo il livello di azioni negli stessi portafogli è sceso ai minimi da quattro anni, con appena l’1 per cento dei gestori che sovrappesa l’equity nella propria asset allocation, contro il 6 per cento del mese scorso.
Quali sono i rischi che inducono a rifugiarsi nel cash e a fuggire dalle azioni? Il Financial Times mette ovviamente al primo posto il rischio Brexit per l’impatto che avrebbe sull’economia globale. Infatti il 26 per cento di quelli passati in rassegna dalla survey giudicano la sterlina sottovalutata dopo le pesanti perdite subite nelle ultime settimane. Al secondo posto quello che ormai viene battezzato il “fallimento quantitativo”, vale a dire l’incapacità delle banche centrali di far ripartire la crescita con lo stimolo monetario. Segue il timore di una svalutazione se non addirittura un default della Cina.
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