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Il fiume in secca delle IPO americane

7 Giugno 2016 09:05
financialounge -  IPO quotazione in Borsa unicorni
Gli sbarchi in Borsa sono diventati una merce rara sul mercato americano, ma non è detto che sia una cattiva notizia. Nei primi 5 mesi del 2016 in tutti gli USA ci sono state solo 31 IPO (Initial Pubbling Offering), rispetto a 69 nello stesso periodo del 2015 e 1115 nei primi 5 mesi del 2014, secondo i dati pubblicati da Renaissance Capital, il gestore di un ETF dedicato proprio alle IPO.

Qualcuno da la colpa agli Unicorni, le start up non ancora quotate che valgono più di un miliardo di dollari e che hanno ormai raggiunto solo in USA il ragguardevole numero di 147, nomi come Uber, Dropbox, e Airbnb. Barron’s riporta che il problema, a differenza della grande corsa alla Borsa della new economy alla fine del millennio, è che questa volta gli investitori privati, private equity, venture capitalist ma anche grandi fondi pensione, non sembrano avere alcuna intenzione di sbarcare a Wall Street. E così sono ormai sette mesi che non si vede una IPO, vale a dire il collocamento di una nuova società, originata dalla Silicon Valley.

Ma il problema non è limitato al settore high-tech, come abbiamo visto dai dati riportati che riguardano tutto il mercato. E la buona notizia? La buona notizia è che poche IPO possono indicare mercato azionario in rialzo. Dal 2000 in poi ci sono stati otto anni con meno di 100 IPO l’anno e nei 12 mesi successivi rispetto a questi anni lo Standard & Poor’s 500 è salito in media del 13,1% compresi i dividenti, secondo dati elaborati da Jay Ritter, professore all’University of Florida e studioso da 35 anni delle IPO, e riportati sempre da Barron’s. Nei 12 mesi successivi ad anni ricchi di IPO, invece, l’S&P 500 ha perso in media l’1,2%.

Il motivo potrebbe essere molto semplice: le IPO attirano capitali che in loro assenza sono costretti ad andare sui titoli già quotati, facendo salire i prezzi.
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