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International Editor’s Picks – 23 maggio 2016

23 Maggio 2016 09:38
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Un tesoretto da mezzo trilione che fa gola a The Donald
Una montagna di cash di 504 miliardi di dollari, un ordine di grandezza vicino all’un per cento del PIL globale, abbastanza per comprarsi quasi un paio di volte la Grecia. Sono i soldi che i primi 5 gruppi high tech americani tengono all’estero per evitare di pagarci sopra le tasse in USA. I nomi li troviamo in prima pagina del FT e di altri giornali internazionali di sabato: Apple, Microsoft, Alphabet (Google), Cisco e Oracle. Il totale dei primi 50 sale a 1,1 trilioni, sempre di dollari, con quelli ci compriamo quasi il Messico, o la Spagna. I dati sono stati resi noti da Moody’s. E forse è quello il tesoretto che ha in testa Donald Trump quando promette di tagliare le tasse per trilioni di dollari, investire in infrastrutture per trilioni di dollari e riportare in surplus il deficit federale per altri trilioni. Che non perde occasione per andare all’attacco dei giganti tecnologici e accusa il fondatore di Amazon Jeff Bezos di attaccarlo con la sua Washington Post perché ha paura che quando arriverà alla Casa Bianca riuscirà a fargli finalmente pagare le tasse.

Orsi & Tori alla guerra di Apple
Se c’è un titolo americano – e che titolo! – su cui le opinioni di investitori e speculatori non convergono, sicuramente è quello della casa di Cupertino. Secondo i filing alla Sec registrati da FactSet e riportati da Yahoo Finance, gli hedge fund nel primo trimestre hanno venduto almeno $7 miliardi di Apple, una volta il beniamino degli stessi hedge. E questo dopo che nel quarto trimestre era stato invece il titolo più comprato. Principale venditore è stato Icahn Associates Holding, il fondo attivista che ha fatto fuori la sua intera partecipazione, valutata $4,8 miliardi. A seguire David Tepper di Appaloosa Management, che ha smontato la sua posizione, così come la Tiger Management di Julian Robertson. Chi la pensa diversamente dagli hedge è sicuramente Warren Buffett, che con la sua Berkshire Hathaway, proprio mentre gli hedge vendevano ha fatto una puntata da $1 miliardo su Apple. Da inizio anno il titolo segna un calo di circa il 10%. Chi ha ragione? Gli hedge che hanno portato a casa il profit e scommettono o al ribasso o il vecchio Warren che ancora una volta ha visto l’occasione di comprare un dollaro per soli 90 cent?

Il private equity in frenata dopo 10 anni
E non è una bella notizia per le grandi investment bank. Vediamo perché. Business Insider riporta che da fine 2005 quest’industria da 3,65 trilioni di dollari è cresciuta del 13,7% annuo, contro il 7,5% degli hedge fund e il 7,7% degli asset manager tradizionali. Ma ora la curva è destinata ad appiattirsi, secondo un report di Deloitte, che stima una crescita di solo il 5% di qui al 2020, per arrivare a una dimensione di $4,6 trilioni. Le ragioni? I rialzi della Fed in arrivo e che renderanno più costose le M&A, il rallentamento globale, la concorrenza crescente da parte di altri investitori, sempre più aggressive, come le grandi corporation che crescono via acquisizioni, il numero sempre più limitato di affari potenziali. E qui arriviamo alle investment bank, di cui i fondi private sono i migliori clienti. Da questi viene infatti una fetta molto importante del totale delle commissioni che portano a casa. Finora solo quest’anno siamo al 20% del totale, secondo i dati di Dealogic. Nel 2000 era solo il 9%. Anche per il private equity e per i loro bankers il new normal si chiama accontentarsi.
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