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Forse il dollaro potrebbe essere sceso un po’ troppo

9 Maggio 2016 10:05
financialounge -  dollaro Federal Reserve Kenneth Taubes Pioneer Investments tassi di interesse USA
Negli ultimi due anni, dal 30 giugno 2014 al 29 aprile scorso, il dollaro americano si è apprezzato di circa il 20 per cento rispetto all’euro. Tuttavia, gran parte di questo recupero è avvenuto dal 30 giugno 2014 a metà febbraio dello scorso anno: da allora si può constatare che il fixing eur/usd oscilla in un intervallo compreso tra il più e il meno 10%. In particolare, con la chiusura del 29 aprile scorso, il dollaro americano ha perso il 10 per cento del proprio valore rispetto all’euro dal 30 novembre.

Secondo gli addetti ai lavori la discesa del biglietto verde forse è stata eccessiva soprattutto se messa in relazione alla ragione sostanziale: la banca centrale americana (Federal Reserve), dopo aver aumentato i tassi per la prima volta dopo molti anni a dicembre 2015, sembra non voler procedere con ulteriori aumenti contrariamente a quanto aveva fatto intuire a inizio anno. Le aspettative, infatti, erano per quattro aumenti dei tassi USA per quest’anno (sebbene di entità ognuna di 25 punti base, cioè del +0,25%, per un totale quindi di un punto percentuale) mentre dopo la riunione di aprile la Fed sembrerebbe aver congelato gli aumenti a uno (o, al massimo a due). Questo nuovo scenario ha indebolito inevitabilmente il biglietto verde portandolo, come detto, a perdere 10 punti percentuali rispetto al fixing con l’euro di fine novembre 2015.

Tuttavia, sebbene il comunicato di aprile del Federal OpenMarket Committee (FOMC, il Comitato di politica monetaria della Fed che decide sui tassi americani) ha riconosciuto un rallentamento della crescita del PIL, una moderazione della crescita della spesa delle famiglie e una dinamica contenuta degli investimenti delle imprese e delle esportazioni nette, non può essere escluso un aumento dei tassi USA a giugno o a luglio.

“La Fed non vuole essere forzata a implementare un brusco incremento dei tassi che potrebbe scuotere i mercati e avere un impatto negativo su una crescita del PIL ancora relativamente bassa” ammette Kenneth J. Taubes, Head of Investment Management US di Pioneer Investments che, tuttavia, ritiene che questa valutazione lasci comunque aperta la porta a un aumento dei tassi a giugno o luglio. “In ogni caso qualsiasi aumento avverrà solo in concomitanza della prosecuzione del rafforzamento dei dati sull’occupazione, associata a un miglioramento delle spese delle famiglie e alla stabilizzazione del settore manifatturiero” spiega Kenneth J. Taubes.
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