Contatti

Arabia Saudita

Idee di Investimento - Azioni - 4 gennaio 2016

4 Gennaio 2016 10:55
financialounge -  Arabia Saudita ecommerce Fondi azionari idee di investimento iran iraq mercati azionari Nic Sochovsky petrolio
Le quotazioni del petrolio sono state tra i principali driver dei mercati azionari del 2015. E, nell’ultimo trimestre, hanno addirittura conteso alle decisioni della Bce e della Fed la palma del fattore più determinate in assoluto per imprimere la direzione degli indici di Borsa. Infatti, il nuovo calo deciso che i prezzi del greggio hanno accusato tra settembre e dicembre ha indotto molti investitori a temere scenari molto negativi: dal rallentamento delle economie mondiali all’aumento delle pressioni deflazionistiche, dal taglio di significativi investimenti da parte dell’industria petrolifera (una delle più importanti al mondo) fino alle ulteriori instabilità delle economie dei paesi produttori di petrolio. Ma, come viene spiegato nell’articolo “Prezzo del petrolio, le implicazioni nel 2016”, per il prossimo futuro occorrerà fare i conti sia con fattori che indeboliranno i prezzi che di fattori di supporto alle quotazioni, con importanti implicazioni sui mercati nel 2016. Per Paul McNamara, Direttore d’investimento strategie di debito dei mercati emergenti di GAM, il rischio principale a livello globale è proprio da ricercarsi nell’impatto delle basse quotazioni del greggio nel Medio Oriente che potrebbe avere severe ripercussioni sul deficit di bilancio dell’Arabia Saudita, attualmente intorno al 20% del PIL: non a caso, il governo saudita ha annunciato un programma aggressivo di emissione di debito. Inoltre, sempre secondo Paul McNamara, anche l’Iran presenta elementi di preoccupazioni a cominciare dai rendimenti obbligazionari onshore al 26%, che indicano evidenti di tensioni interne. Sul versante opposto, ovvero tra i fattori di supporto alle quotazioni del greggio, c‘è invece la situazione in Iraq. Dal momento che è molto probabile che si possa assistere alla divisione dello stato iracheno e visto che, attualmente, i prezzi del petrolio non includono premi per rischi geopolitici, un’interruzione grave della produzione dell’Iraq non potrebbe essere compensata facilmente da nessuno degli altri principali produttori di petrolio. Uno scenario, quindi, che si presta a variazioni sia in un senso che in quello opposto e che è destinato a far incrementare la volatilità delle quotazioni del petrolio e, a cascata, anche dei mercati finanziari.

Tuttavia, se la volatilità aumenta, è bene ricordare che si amplificano le possibilità di dislocazione dei prezzi che, a loro volta, creano opportunità di investimento per i gestori capaci di selezionare i titoli sottovalutati e quelli sopravvalutati. Pasquale Corvino,Fund Manager del comparto flessibile Zest Derivatives Allocation di Zest Asset management, ha dichiarato che, sebbene l’esposizione azionaria in portafoglio permanga su livelli prudenziali, pensa di incrementarla appena salirà la volatilità. “L’esposizione azionaria a inizio dicembre è stata prudenziale perché gli indicatori da noi osservati non segnalavano un profilo rischio rendimento favorevole. Sul comparto derivative allocation, che investe in derivati finanziari, utilizziamo molto opzioni quotate su indici azionari sia come strumento di gestione del rischio, quindi come copertura delle esposizioni in portafoglio, sia come strumento di investimento” puntualizza nell’articolo “Volatilità, se aumenta crescono anche le opportunità da cogliere”, Pasquale Corvino.

Opportunità che si potranno cogliere anche osservando le evoluzioni dell’e-commerce “I produttori di beni di consumo primari abituati a vendere tramite i canali tradizionali (supermercati e grande distribuzione) stanno subendo impatti importanti dall’evoluzione del commercio elettronico. I supermercati, infatti, sono sempre più spinti ad un eccessivo ricorso agli sconti, con un danno potenziale ai marchi dei produttori di beni di consumo primari” riferisce nell’articolo “E-commerce, ecco gli impatti sul settore dei beni di consumo”, Nic Sochovsky, portfolio manager del team International Equity, che gestisce le strategie azionarie Global Franchise, Global Quality e International Equity di Morgan Stanley Investment Management. Oggi la grande distribuzione subisce attacchi su due fronti: sia da parte dei rivenditori più piccoli (piccoli alimentari/catene di discount) sia da parte dei distributori virtuali (come Amazon). Un contesto nel quale la grande distribuzione ha cercato di reagire sul lato dei fornitori, anziché sugli acquirenti: la conseguenza è stata quella di veder commercializzare più linee di prodotti. “Nel Regno Unito, gli articoli della spesa settimanale comprendono mediamente solo lo 0,1% di tutte le linee offerte in negozio. Nel 70% dei casi, secondo stime di Kantar Retailing, le promozioni commerciali non hanno esito positivo. Trattandosi di un’importante leva che i produttori di beni di consumo primari usano per incentivare le vendite, ciò spiega la nostra preferenza per le imprese che adottano tattiche «push» (innovazione e media) anziché «pull» (promozione). Inoltre, questo è uno dei numerosi motivi per cui tendenzialmente evitiamo di acquistare catene di distribuzione di alimentari” puntualizza Nic Sochovsky.
Share:
Trending