liquidità
Liquidità in portafoglio, né poca né troppo poca
29 Ottobre 2015 10:24

ortafoglio finanziario, anche quello più sofisticato, ha una quota in liquidità o in strumenti monetari. Questo perché la liquidità può rappresentare la disponibilità per le operazioni di breve termine sia in entrata (frutto di disinvestimenti) e sia per quelle per l’uscita (investimenti da effettuare). Il problema è che in molti casi si può eccedere nel parcheggio della liquidità soprattutto se si è eccessivamente prudenti ed emotivi (e non soltanto in occasione delle forti turbolenze di mercato come in agosto a seguito della «sindrome cinese»). Ecco perché, secondo gli esperti, la liquidità in portafoglio è opportuno che sia sempre né poca né troppo poca. Vediamo come questo si traduce in pratica.
Ipotizziamo che il portafoglio adeguato alle proprie necessità sia di tipo bilanciato con una quota in azioni del 45%, una in obbligazioni del 50% e il restante 5% in liquidità. Da inizio anno al 22 ottobre scorso tale portafoglio avrebbe realizzato un rendimento del +5,8% in base al rendimento dell’indice dei fondi azionari (+11,2%), dell’indice dei fondi obbligazionari (+1,6%) e di quello dei fondi monetari euro (-0,2%). Se invece di questa ripartizione, per eccesso di prudenza, il portafoglio fosse stato esposto al 25% in fondi azionari, al 50% in fondi obbligazionari e al 25% in liquidità, il rendimento nello stesso arco di tempi sarebbe stato invece limitato al +3,6%. Se, ancora, il portafoglio iniziale (45% azioni, 50% obbligazioni e 5% liquidità) fosse stato mantenuto fino al 24 agosto 2015 (giorno di massima turbolenza dei mercati a seguito della «sindrome cinese» di quest’estate), per poi diventare (per paura) 25% esposto ai fondi azionari, 50% ai fondi obbligazionari e il resto in liquidità, il rendimento al 22 ottobre scorso si sarebbe fermato al +4%.
La conclusione è quindi che se è sempre vero che cash is king (la frase che gli operatori finanziari usano per sottolineare che chi detiene contanti è sempre il re del mercato in quanto può sfruttare le tante opportunità), è altrettanto vero che parcheggiare troppa liquidità per troppo tempo brucia rendimento potenziale: individuare la corretta quota da destinare ai contanti in portafoglio (magari grazie anche alla preziosa consulenza di un esperto di fiducia) permette di ottimizzare le performance complessive senza compromettere le esigenze personali.
Ipotizziamo che il portafoglio adeguato alle proprie necessità sia di tipo bilanciato con una quota in azioni del 45%, una in obbligazioni del 50% e il restante 5% in liquidità. Da inizio anno al 22 ottobre scorso tale portafoglio avrebbe realizzato un rendimento del +5,8% in base al rendimento dell’indice dei fondi azionari (+11,2%), dell’indice dei fondi obbligazionari (+1,6%) e di quello dei fondi monetari euro (-0,2%). Se invece di questa ripartizione, per eccesso di prudenza, il portafoglio fosse stato esposto al 25% in fondi azionari, al 50% in fondi obbligazionari e al 25% in liquidità, il rendimento nello stesso arco di tempi sarebbe stato invece limitato al +3,6%. Se, ancora, il portafoglio iniziale (45% azioni, 50% obbligazioni e 5% liquidità) fosse stato mantenuto fino al 24 agosto 2015 (giorno di massima turbolenza dei mercati a seguito della «sindrome cinese» di quest’estate), per poi diventare (per paura) 25% esposto ai fondi azionari, 50% ai fondi obbligazionari e il resto in liquidità, il rendimento al 22 ottobre scorso si sarebbe fermato al +4%.
La conclusione è quindi che se è sempre vero che cash is king (la frase che gli operatori finanziari usano per sottolineare che chi detiene contanti è sempre il re del mercato in quanto può sfruttare le tante opportunità), è altrettanto vero che parcheggiare troppa liquidità per troppo tempo brucia rendimento potenziale: individuare la corretta quota da destinare ai contanti in portafoglio (magari grazie anche alla preziosa consulenza di un esperto di fiducia) permette di ottimizzare le performance complessive senza compromettere le esigenze personali.
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