Fondi obbligazionari
Debito emerging market, più pro che contro
15 Maggio 2015 09:40

analisti del mercato obbligazionario hanno rilevato che, allo stato attuale, si possano contare cinque fattori a supporto della tesi favorevole all’investimento nel debito emergente e quattro contrari.
I cinque elementi favorevoli sono costituiti in primis dalle situazioni geopolitiche che sembrano si stiano stabilizzando nelle diverse regioni del mondo. In secondo luogo, l’inflazione in alcuni dei maggiori Paesi Emergenti è in via di miglioramento tendenziale mentre, e siamo al terzo punto, i recenti sviluppi del prezzo del greggio sembrerebbero meno negativi di quanto si pensasse: paesi come Venezuela, Ecuador e Iraq, fortemente dipendenti dal petrolio per esportazioni e profitti fiscali, avrebbero dovuto affrontare un ambiente macro particolarmente negativo, se il prezzo del petrolio avesse continuato a scendere nella regione dei 40 dollari a barile. Il quarto fattore positivo è rappresentato dall’attrattiva dei rendimenti obbligazionari EM, visto che gli investitori possono spuntare tassi di remunerazione in diversi casi superiori anche al 7%. Infine, al quinto posto ma non certo per importanza, anche i flussi verso il debito dell’area emergente che sono rallentati in modo significativo dal 2013, riducendo pertanto il rischio di deflussi come quelli visti in occasione dell’annuncio del tapering (riduzione degli acquisti dei titoli obbligazionari in dollari) da parte della Fed qualora la banca centrale USA iniziasse ad innalzare i tassi.
I ribassisti sull’obbligazionario emerging market si basano invece sugli impatti derivanti dal possibile rialzo dei tassi della Fed, sulla caduta dei prezzi delle materie prime, su una possibile uscita della Grecia dall’Eurozona e su un rallentamento della Cina.
In ogni caso, sembra che gli elementi a favore stiano prevalendo su quelli contrari visto che il rendimento medio dei fondi obbligazionari Paesi emergenti dall’inizio di quest’anno è in rialzo del 4,67% contro il +2,05% dell’indice generale dei fondi obbligazionari.
I cinque elementi favorevoli sono costituiti in primis dalle situazioni geopolitiche che sembrano si stiano stabilizzando nelle diverse regioni del mondo. In secondo luogo, l’inflazione in alcuni dei maggiori Paesi Emergenti è in via di miglioramento tendenziale mentre, e siamo al terzo punto, i recenti sviluppi del prezzo del greggio sembrerebbero meno negativi di quanto si pensasse: paesi come Venezuela, Ecuador e Iraq, fortemente dipendenti dal petrolio per esportazioni e profitti fiscali, avrebbero dovuto affrontare un ambiente macro particolarmente negativo, se il prezzo del petrolio avesse continuato a scendere nella regione dei 40 dollari a barile. Il quarto fattore positivo è rappresentato dall’attrattiva dei rendimenti obbligazionari EM, visto che gli investitori possono spuntare tassi di remunerazione in diversi casi superiori anche al 7%. Infine, al quinto posto ma non certo per importanza, anche i flussi verso il debito dell’area emergente che sono rallentati in modo significativo dal 2013, riducendo pertanto il rischio di deflussi come quelli visti in occasione dell’annuncio del tapering (riduzione degli acquisti dei titoli obbligazionari in dollari) da parte della Fed qualora la banca centrale USA iniziasse ad innalzare i tassi.
I ribassisti sull’obbligazionario emerging market si basano invece sugli impatti derivanti dal possibile rialzo dei tassi della Fed, sulla caduta dei prezzi delle materie prime, su una possibile uscita della Grecia dall’Eurozona e su un rallentamento della Cina.
In ogni caso, sembra che gli elementi a favore stiano prevalendo su quelli contrari visto che il rendimento medio dei fondi obbligazionari Paesi emergenti dall’inizio di quest’anno è in rialzo del 4,67% contro il +2,05% dell’indice generale dei fondi obbligazionari.
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