commodities
L’Etf-Frankenstein che sfida il suo creatore
9 Aprile 2015 09:21

ETF, anzi un ETC, e quindi dovrebbe limitarsi a replicare il sottostante. Il suo nome è USO, che sta per US Oil, e il sottostante che replica è ovviamente il prezzo del petrolio.
USO è familiare a chi investe sulle commodities, è estremamente liquido e funziona sia per scommettere sul rialzo del prezzo sia per coprirsi rispetto a posizioni che soffrirebbero da un petrolio più caro. Ma negli ultimi tempi è cominciato a succedere qualcosa di strano: invece di replicare fedelmente il prezzo del sottostante, USO ha cominciato ad amplificare i movimenti, soprattutto quelli al rialzo.
Lunedì 6 è schizzato del 5%, martedì 7 di un altro 3,4% e porta il guadagno cumulato in soli 4 giorni a oltre il 13%. Anche il sottostante prezzo del petrolio si è mosso nello stesso periodo, ma con molta meno violenza.
Come è possibile che uno strumento fatto espressamente per replicare il sottostante cominci a vivere, per così dire, di vita propria?
La spiegazione la troviamo su ETFtrends.com: ci sono dei trader professionisti che quando vogliono mettersi al ribasso sul petrolio, invece di vendere i futures o acquistare Etf short, costruiti appositamente per questo scopo, preferiscono vendere allo scoperto (short selling) proprio l’USO. È uno strumento molto liquido e si rischia di meno di restare incastrati, soprattutto se gli importi sono elevati. Ma se il prezzo del sottostante sale, chi ha venduto allo scoperto corre a ricoprirsi, e amplifica il movimento dell’ETF, anche di molto. Di quanto, dipende dalla grandezza delle scommesse al ribasso. Le ricoperture si sommano all’effetto al rialzo del replicante ed ecco un ETF, l’unico caso di cui si abbia notizia, che vive di vita propria.
Una cosa è certa: se lo short selling diventa una pratica diffusa sugli ETF allora bisogna cominciare a prestare la massima attenzione a questi strumenti apparentemente “neutrali”.
USO è familiare a chi investe sulle commodities, è estremamente liquido e funziona sia per scommettere sul rialzo del prezzo sia per coprirsi rispetto a posizioni che soffrirebbero da un petrolio più caro. Ma negli ultimi tempi è cominciato a succedere qualcosa di strano: invece di replicare fedelmente il prezzo del sottostante, USO ha cominciato ad amplificare i movimenti, soprattutto quelli al rialzo.
Lunedì 6 è schizzato del 5%, martedì 7 di un altro 3,4% e porta il guadagno cumulato in soli 4 giorni a oltre il 13%. Anche il sottostante prezzo del petrolio si è mosso nello stesso periodo, ma con molta meno violenza.
Come è possibile che uno strumento fatto espressamente per replicare il sottostante cominci a vivere, per così dire, di vita propria?
La spiegazione la troviamo su ETFtrends.com: ci sono dei trader professionisti che quando vogliono mettersi al ribasso sul petrolio, invece di vendere i futures o acquistare Etf short, costruiti appositamente per questo scopo, preferiscono vendere allo scoperto (short selling) proprio l’USO. È uno strumento molto liquido e si rischia di meno di restare incastrati, soprattutto se gli importi sono elevati. Ma se il prezzo del sottostante sale, chi ha venduto allo scoperto corre a ricoprirsi, e amplifica il movimento dell’ETF, anche di molto. Di quanto, dipende dalla grandezza delle scommesse al ribasso. Le ricoperture si sommano all’effetto al rialzo del replicante ed ecco un ETF, l’unico caso di cui si abbia notizia, che vive di vita propria.
Una cosa è certa: se lo short selling diventa una pratica diffusa sugli ETF allora bisogna cominciare a prestare la massima attenzione a questi strumenti apparentemente “neutrali”.
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