mercati emergenti
Debito emergente, meno emissioni più appeal
20 Marzo 2015 10:50

to l'inizio d’anno più lento a partire dal 2010 per i volumi internazionali relativi ai bond dei mercati emergenti. In totale, l’emissione di debito emerging sul mercato internazionale è crollata del 34,8 per cento rispetto allo stesso periodo di un anno prima facendo segnare, per l’appunto, l'inizio d’anno più lento dal 2010. Lo hanno calcolato gli analisti di Thomson Reuters che hanno anche esaminato, più in particolare, i collocamenti da parte dei paesi BRIC anch’essi quest’anno, nel loro insieme aggregato, ben al di sotto degli anni precedenti.
Gli emittenti di mutui della Federazione russa, in particolare, dall’autunno del 2014 non riescono a piazzare nessun bond a livello internazionale: è la prima volta che accade dal 2001. Tutto questo contrasta nettamente con le 20 offerte sul mercato del 2013 di importo superiore ai 10,5 miliardi di dollari e alle 7 offerte del 2014 per 4,5 miliardi di dollari. La Cina, dal canto suo, invece, continua a crescere, facendo registrare un aumento del 13,5% rispetto al 2014, l’inizio più forte mai registrato, mentre sia i volumi relativi agli emittenti brasiliani (-96,9%, l’avvio più lento dal 1999) che quelli facenti capo ad emittenti indiani (nessun collocamento finora da inizio anno contro gli otto dello stesso periodo del 2014) hanno segnato nuovi minimi.
Questi primi dati confermerebbero la tesi di alcuni importanti asset manager internazionali che continuano a sostenere l’investimento nel debito emergente non soltanto alla luce dei rendimenti (che si attestano a livelli sensibilmente superiori rispetto a quelli dei paesi occidentali) ma anche in base alle aspettative relative alla contrazione delle emissioni nel corso di quest’anno: una riduzione dei collocamenti, infatti, aumenterebbe l’appeal di questa asset class (generando il cosiddetto «effetto rarità») in un contesto di generale caccia al rendimento in tutto il mondo.
Gli emittenti di mutui della Federazione russa, in particolare, dall’autunno del 2014 non riescono a piazzare nessun bond a livello internazionale: è la prima volta che accade dal 2001. Tutto questo contrasta nettamente con le 20 offerte sul mercato del 2013 di importo superiore ai 10,5 miliardi di dollari e alle 7 offerte del 2014 per 4,5 miliardi di dollari. La Cina, dal canto suo, invece, continua a crescere, facendo registrare un aumento del 13,5% rispetto al 2014, l’inizio più forte mai registrato, mentre sia i volumi relativi agli emittenti brasiliani (-96,9%, l’avvio più lento dal 1999) che quelli facenti capo ad emittenti indiani (nessun collocamento finora da inizio anno contro gli otto dello stesso periodo del 2014) hanno segnato nuovi minimi.
Questi primi dati confermerebbero la tesi di alcuni importanti asset manager internazionali che continuano a sostenere l’investimento nel debito emergente non soltanto alla luce dei rendimenti (che si attestano a livelli sensibilmente superiori rispetto a quelli dei paesi occidentali) ma anche in base alle aspettative relative alla contrazione delle emissioni nel corso di quest’anno: una riduzione dei collocamenti, infatti, aumenterebbe l’appeal di questa asset class (generando il cosiddetto «effetto rarità») in un contesto di generale caccia al rendimento in tutto il mondo.
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