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Banca Centrale Svizzera

Produttività, la parola chiave quando si parla di valute

4 Febbraio 2015 12:07
financialounge -  Banca Centrale Svizzera mercati valutari quantitative easing svizzera
“La lezione del franco svizzero e della corona danese ammonisce che, in un mondo dominato da grandi blocchi valutari (dollaro, euro, renmimbi), la sovranità monetaria di economie di piccole e medie dimensioni sarà sempre meno sovrana, condizionata da limiti esterni. L’altra lezione ricorda che i rapporti di cambio sono effetto, e non causa, delle dinamiche produttive di un paese” fa presente Carlo Benetti, Head of Market Research & Business Innovation di Swiss & Global, nel commento analitico L’Alpha e Beta del 2 febbraio.

Negli incontri in diverse città che Swiss & Global sta promuovendo in queste settimane con consulenti e banker, le domande più frequenti formulate dai partecipanti ai gestori riguardano proprio la baraonda valutaria degli ultimi mesi.
“Il dollaro, sostenuto dall’andamento dell’economia e dall’atteggiamento della banca centrale, si è apprezzato del 15% negli ultimi sei mesi e l’euro specularmente indebolito, aiutato anche dal Quantitative Easing della BCE. La divergenza della qualità della crescita e delle politiche monetarie tra le due sponde dell’Atlantico avvalora la prosecuzione di questo movimento. Sorvegliata speciale la corona danese: la debolezza dell’euro sta rendendo difficile alla Banca Nazionale la difesa dello storico peg alla moneta unica, e in due settimane si è trovata costretta a tagliare per tre volte i tassi di riferimento” spiega Carlo Benetti per il quale, tuttavia, l’evento valutario più rilevante delle ultime settimane resta la decisione della Banca Nazionale Svizzera di abbandonare il cambio minimo di 1,20 con l’euro e di portare il tasso di deposito a -0,75%. La banca centrale ha messo la parola fine ad un vincolo che nel settembre 2011 si rese necessario per arrestare l’apprezzamento del franco e salvaguardare le esportazioni della propria industria nazionale.

La decisione è stata presa a pochi giorni dalla riunione della BCE che avrebbe annunciato il programma straordinario di acquisto titoli, ulteriore elemento di pressione sulla ridotta di quota 1,20. Una volta riconosciuta l’insostenibilità di quel livello, il franco si è immediatamente rafforzato tornando a pieno titolo al ruolo di moneta rifugio, spostando i problemi dal bilancio della Banca Nazionale ai bilanci delle società esportatrici, non solo orologi e lusso ma anche chimica e meccanica che devono fare i conti con i concorrenti tedeschi e italiani.
“La battuta che circola nella «business community» svizzera è che le aziende manifestano sorpresa e irritazione il primo giorno per mettersi al lavoro il giorno dopo alla ricerca di migliori processi e riduzione di costi, ovvero recuperare con la produttività il terreno perso sulla valuta. Produttività è la parola chiave quando si parla di valute. Il rafforzamento di dollaro e franco svizzero ha certamente a che fare con il ruolo di monete rifugio ma guardando oltre il breve termine si riconosce che dietro il rafforzamento valutario ci sono produttività, competitività e crescita reale” constata Carlo Benetti.
Infatti, secondo il Rapporto sulla Competitività Globale stilato ogni anno dal World Economic Forum, la Svizzera guida dal 2010 la classifica come economia più competitiva del mondo, gli Stati Uniti sono in terza posizione (la Germania in 5^, l’Italia segue al 49^ posto, dietro Turchia, Malta e Panama, davanti a Kazakhistan e Costa Rica).

“Venendo ai portafogli di investimento, il leggendario John Bogle (autore di «Common Sense on Mutual Funds») non vede ragioni «di assumere un ulteriore rischio, quello valutario» in aggiunta ai tre rischi classici del portafoglio, cioè il rischio di mercato, di stile e di gestore. Ma a coloro che «non resistono all’idea di avere titoli esteri» Bogle ribadisce il consiglio che in ogni caso «non superino un quinto del portafoglio»” rivela Carlo Benetti ricordando, però, che tale suggerimento si riferisce all’investitore azionario.
“Le cose sono diverse per l’investitore obbligazionario prigioniero di un mondo in cui circa un quinto delle obbligazioni governative mostra rendimenti negativi e diventa indispensabile la ricerca di nuove fonti di rischio. Le valute costituiscono certamente un’area di interesse ma la loro volatilità richiede qualche accortezza. La parola chiave, si diceva, è produttività e in un orizzonte temporale lungo è verosimile attendersi che le ragioni di cambio riflettano le differenze dei fondamentali (la lezione degli Stati Uniti e della Svizzera, appunto).La produttività è la livella che non guarda il passaporto delle economie, se siano cioè avanzate o emergenti: in Polonia la produttività è in continua salita dal 2011, con un balzo nel 2014, e così in altri paesi emergenti. Le valute locali riservano delle sorprese che la correlazione tra gli indici in valuta locale e in valuta forte nasconde” conclude Carlo Benetti.

Per scaricare il documento completo visita il sito my.swissglobal-am.it
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