Credit Suisse

Come trarre vantaggio dalla volatilità sui mercati valutari

4 Febbraio 2015 10:44

financialounge -  Credit Suisse mercati valutari quantitative easing tassi di interesse
atilità sui mercati valutari è cresciuta in maniera significativa nelle ultime settimane poiché gli investitori si sono focalizzati sempre più sulle decisioni delle banche centrali.
Il 15 gennaio, la BNS (Banca nazionale svizzera) ha inaspettatamente deciso di non difendere più il tasso di cambio minimo euro / franco svizzero (Chf) a 1,20: la valuta elvetica ha registrato immediatamente un incremento rispetto a gran parte delle divise, ed è finito in un territorio significativamente sopravvalutato rispetto alla gran parte delle altre principali valute, in particolare in rapporto all’euro.
La BCE, il 22 gennaio, ha annunciato l’avvio del Qe sui titoli di stato della zona con misure che sono andate anche al di là delle previsioni di mercato. Ciò continuerà a generare una pressione sulla divisa unica europea, in particolare contro il dollaro Usd.
È possibile che il mercato voglia testare la capacità della BNS di mantenere il valore del Chf in linea al conseguimento del suo obiettivo per l’inflazione, o tramite un intervento valutario o tramite tassi d’interesse più bassi.

“Un’ulteriore reazione sproporzionata del franco svizzero è quindi possibile nel breve termine, ma, nel complesso, riteniamo che una posizione neutrale sul cambio EUR/CHF sia adeguata ai livelli attuali” commenta Luca Bindelli Head of Foreign Exchange Analysis di Credit Suisse che poi passa a parlare della sterlina inglese (Gbp) che ha registrato un certo indebolimento per via di una posizione più conciliante della banca centrale britannica: “Prevediamo ancora che la Gbp evidenzierà un’outperformance rispetto all’euro, ma restiamo neutrali in rapporto al dollaro USA. La Bank of Canada, di contro, ha sorpreso i mercati tagliando di 25 punti base (lo 0,25%) i tassi d’interesse quale misura preventiva contro l’impatto negativo dei bassi prezzi del petrolio. Nonostante il recente deprezzamento del dollaro canadese (Cad), riteniamo che, per il momento, sia appropriata una propensione neutrale nei confronti della divisa canadese: prevediamo inoltre una nuova pressione sul dollaro australiano (Aud) per via del ciclo delle soft commodity e dei maggiori rischi correlati alle previsioni di tassi più bassi”.

Cambiando orizzonte di osservazione, si può constatare come le valute dei mercati emergenti (ME) abbiano invece registrato perdite solo lievi rispetto al dollaro USA, nonostante la maggiore volatilità finanziaria. La flessione dei tassi d’interesse sui mercati sviluppati e i dati economici in moderato miglioramento sui ME rispetto alle previsioni hanno probabilmente consentito di ammortizzare l’impatto negativo della maggiore volatilità.
“Tuttavia siamo ancora prudenti nei confronti delle valute dei ME rispetto al biglietto verde all’inizio del 2015. Il restringimento del vantaggio in termini di crescita rispetto agli USA e il calo dell’inflazione in gran parte delle economie dei ME produrrà della pressione al ribasso sui tassi d’interesse e restringerà il gap dei rendimenti con gli USA. Più opportunità potrebbero emergere in alcune valute dei ME rispetto all’euro, viste le nostre prospettive negative. Inoltre le valute dei ME con un sufficiente carry (extra rendimento) e/o che traggono vantaggio da un miglioramento delle condizioni commerciali (tramite una flessione dei prezzi del petrolio) potrebbero divenire interessanti da detenere rispetto all’euro. A questo proposito vale la pena menzionare la valuta indiana (Inr). Nell’ambito dei ME, restiamo negativi sul ringgit malese (Myr) e sulla rupia indonesiana (Idr): entrambe le valute devono fare i conti con una flessione dei prezzi delle commodity e con un peggioramento della dinamica delle partite correnti, che incrementano ulteriormente il rischio di deficit fiscali” conclude Luca Bindelli.

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