Argentina

International Editor’s Picks - 1 dicembre 2014

1 Dicembre 2014 10:15

financialounge -  Argentina petrolio shale oil Wall Street
si avvicina e cominciano a fioccare le previsioni dei guru di Wall Street sul 2015. Business Insider ha messo insieme quelle uscite finora da otto big: Credit Suisse, Goldman, Barclays, Deutsche Bank, Citi, BofA Merrill Lynch, UBS e Oppenheimer. Nessuno vede lo S&P 500 sotto 2.100, qualcuno si spinge oltre 2.300. Insomma, moderato ottimismo. Il WSJ si è cimentato in un esercizio analogo con risultati simili: la gran parte degli strategist vede rialzi intorno al 5%. Niente di spettacolare, se si tiene conto che da inizio anno l’S&P 500 finora ha segnato un rialzo di poco sotto il 12%. Per il giornale di Wall Street è una cautela salutare, un altro segno che gli investitori non stanno cedendo ad eccessi di ottimismo come alla vigilia dei collassi del 2000 e del 2008.

Abbiamo letto quasi dappertutto in questi giorni che lo shale oil nord americano è la principale vittima collaterale del calo petrolio. In effetti i numeri lo confermano: quasi il 90% dei titoli del settore (sono oltre 40 quelli quotati sul NYSE) sono scambiati al di sotto della media mobile a 100 giorni e circa un terzo si muove sui minimi da 52 settimane. Ma una corrispondenza Reuters di venerdì sera offre un angolo diverso. Lo shale oil è un bambino che muove i primi passi. L’euforia ha fatto nascere decine di nuove società, forse troppe. Lo sgrullone indotto dal calo petrolio potrebbe innescare un salutare consolidamento, con guadagni di efficienza, mentre il progresso tecnologico va avanti e abbatte i costi di estrazione. "Il rinascimento non è finito, sta solo maturando" conclude la Reuters.

Non è infrequente di questi tempi che qualche grande banca europea venga messa nel mirino, soprattutto in America, perché sospettata di aiutare i clienti affluent a evitare le tasse. Recentemente è successo anche in Belgio e in Francia. Ma sabato il FT segnala un nuovo caso. L’Argentina accusa HSBC di aver aiutato i ricchi clienti di Buenos Aires e dintorni ad eludere il Fisco. La notizia farà inarcare qualche sopracciglio. Pagare regolarmente le tasse non è propriamente lo sport nazionale preferito nel paese sudamericano. E vedere l’Argentina sul pulpito dell’accusa in materia di comportamenti finanziari scorretti fa una certa impressione.

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