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Come mai il mercato compra i BTP e vende i titoli bancari

20 Novembre 2014 15:45
financialounge -  BCE BTP debito pubblico Piazza Affari settore bancario
Da lunedi 27 ottobre, primo giorno di Borsa aperta dopo la diffusione degli esiti degli stress test bancari della BCE, a venerdi 14 novembre, l’indice del settore bancario di Piazza Affari ha perso l’11,4% del suo valore azzerando tutti i guadagni che aveva accumulato da inizio anno.

Nelle stesse tre settimane l’indice dei BTP è salito di mezzo punto percentuale mentre il rendimento del BTP a 10 anni, che si muove in direzione opposta alle quotazioni, è calato dal 2,49% al 2,35%. Questa divergenza di comportamento sui mercati tra BTP (che attraggono investitori) e titoli bancari (colpiti da vendite massicce) a prima vista sembrerebbe inspiegabile.

Infatti da un lato abbiamo che il debito pubblico italiano continua a salire (non solo a fine ano toccherà il 132% in rapporto al PIL, dal 128% di fine 2013, ma dovrebbe salire ulteriormente anche nel 2015) mentre le banche hanno superato (a parte le eccezioni di Montepaschi e Carige) gli esami dell’Eurotower e, soprattutto, presentato bilanci trimestrali in gran spolvero. Inoltre i due principali istituti italiani, Intesa Sanpaolo e Unicredit, hanno registrato un balzo dei profitti, rispettivamente, dell’88% dell’81,3%.

Nonostante tutto questo, le ragioni della divergenza di «veduta» degli investitori sono legate ad altre dinamiche. I BTP italiani continuano ad essere comperati perché il mercato ritiene che prima o poi la BCE sarà costretta al QE (quantitative easing), cioè all’acquisto diretto dei titoli degli stati euro. In seconda battuta, l’inflazione vicina allo zero (con serie minacce di deflazione per il 2015), rende i rendimenti reali (al netto del costo della vita) dei titoli di stato italiani comunque interessanti in questo contesto.

Sul versante opposto, i bilanci delle banche italiane, benché in salute dal punto di vista contabile, lo sono molto meno dal punto di vista della sostenibilità, nel senso che i tassi di interesse ridotti all’osso, la disinflazione e la stagnazione economica tendono a intaccare i margini di interesse e ad esercitare pressione sui crediti incagliati e deteriorati: e il mercato, che guarda al futuro e non al presente, scommette su un 2015 più austero per il settore bancario.
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