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Carlo Benetti

Le relazioni tra clienti inesperti e consulenti esperti

5 Settembre 2014 12:35
financialounge -  Carlo Benetti comportamento consulenza finanziaria John Maynard Keynes Paolo Legrenzi strategia di investimento
Nella Lezione 98 del 4 settembre della Rubrica “I soldi in testa” Paolo Legrenzi , professore straordinario di psicologia cognitiva presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia ripercorre gli insegnamenti di due numi tutelari degli investimenti: Keynes e Kahneman.

Relativamente al primo, in particolare, sottolinea come Keynes decise di ricorrere a una strategia che anticipava l’odierna tecnica long/short. Essa consiste, sbrigativamente, nel puntare sulle proprie idee d’investimento ma, contemporaneamente, nel “darsi torto”, facendo scommesse in senso contrario, rendendo così il portafoglio nel complesso più sicuro.

Adottò quello che lui stesso battezzò come il meccanismo del “concorso di bellezza”: quel gioco per cui non dovete scegliere la candidata più bella in competizione, ma quella che probabilmente la maggioranza giudicherà più bella. Nel concorso di bellezza, in pratica, è insita una grande lezione: non è importante il nostro punto di vista, ma quello degli altri, quello dei più. Sono le aspettative altrui, per lo meno quelle relative alle scelte maggioritarie, che muoveranno i mercati. Noi dobbiamo cercare di seguire l’onda, meglio anticiparla, anche di poco, controllando i movimenti dei più importanti attori economico-finanziari.

Come si può tradurre in pratica questo concetto negli investimenti finanziari? “L’esperienza di investitore di Keynes resta una “lezione senza tempo”, come ha detto un suo biografo, utile ancora oggi a chiunque si occupi di investimenti, a livello individuale o professionale. Anche Keynes ha commesso errori, la lezione ci ricorda che i mercati sono imprevedibili, che non è bravo colui che batte sempre il mercato, ma colui che sa trarre insegnamento dai propri, inevitabili, errori. Sui primi fallimenti Keynes modificò l’approccio passando da strategie basate sulle previsioni macro economiche, che si dimostrarono inefficaci, a strategie fondate sulla comprensione del valore delle società. In questo senso fu tra i primi investitori “value” (cioè orientato al valore delle società) e “bottom-up” (focalizzato sulle singole aziende e non sul settore o sul Paese) perché comprese il significato della valutazione dei fondamentali e la paziente attesa dell’assorbimento delle sottovalutazioni nei prezzi.

Come ricorda il Professor Legrenzi, le serie storiche del passato non forniscono una buona base per prevedere il futuro immediato o prossimo, e Keynes decise dunque di utilizzare strategie che anticipavano l’odierna tecnica long/short. Si tratta di costruire idee d’investimento ma, contemporaneamente, “darsi torto” facendo scommesse in senso contrario, rendendo così il portafoglio nel complesso più sicuro. Gli insuccessi nei tentativi di prevedere l’andamento delle valute avevano convinto Keynes che i mercati si muovono sulla base delle attese e previsioni dei più, e la grande lezione è che non è importante il nostro punto di vista, ma quello degli altri. Sono le aspettative altrui, per lo meno quelle relative alle scelte maggioritarie, che muovono i mercati.

Diceva Keynes che “non c’è nulla di altrettanto disastroso di scelte di investimento razionali in un mondo irrazionale”, è un monito valido negli anni ’30 come anche in questo nostro tempo” tiene a precisare Carlo Benetti, Head of Market Research & Business Innovation di Swiss & Global.
Un altro punto toccato da Paolo Legrenzi nella lezione numero 98, riguarda invece le relazioni tra clienti inesperti e consulenti esperti.

Qual è l’insegnamento che si può trarre in questo ambito dall’esperienza maturata da Keynes?
“All’inizio delle sue attività d’investitore Keynes pensò di sfruttare uno stato di cose conseguente alla prima guerra mondiale, e cioè l’oscillazione dei cambi, dopo che erano stati fissi fino al 1914. Keynes ragionò da buon economista, quale lui era, e pensò che la vittoria avrebbe “causato” la forza della sterlina e del dollaro, su cui andò lungo, e la debolezza del marco, su cui andò corto. All’inizio la presunta “causa” agì nel senso previsto, e determinò la differenza nei cambi immaginata da Keynes (che arrivò a guadagnare fino a un milione di dollari a valori attuali). Poi però, nell’aprile del 1920, la Germania si stabilizzò e il marco riacquistò la fiducia dei mercati. La presunta ”causa” non operò più, e Keynes perse i guadagni suoi e, soprattutto, quelli dei suoi amici, cosa che gli spiacque molto. In compenso si rese conto della profonda differenza tra le scienze naturali e i modelli economici. In pratica, questo smacco gli fece capire un punto molto importante e cioè che sui cambi era meglio operare esaminando le correlazioni del recente passato tra le valute, tralasciando la presunta influenza a lungo termine delle cause implicite nei ragionamenti macro-economici. Anche oggi le persone inesperte seguono sui media gli sviluppi macro di natura economica e politica. Pensano così di fare scelte sui cambi guidate da questi sviluppi (e questo è uno dei tanti motivi per cui un buon consulente, più esperto e scettico, è assai utile). La sostituzione del concetto di “causa” con quello di “correlazione” è cruciale, anche se l’inesperto confonde questi due concetti, come il Professor Legrenzi ha con chiarezza mostrato nel suo “Perché gestiamo male i nostri risparmi”. Solo il concetto di correlazione ci permette da un lato di impostare operazioni a breve, e, dall’altro, legittima la cruciale nozione di “ritorno sui tempi lunghi verso le medie storiche” (un concetto che è la negazione di quello di “causalità” perché nulla causa il ritorno verso la media storica se non il disallineamento precedente). Keynes, in conclusione, colse la differenza tra segni e cause e, da allora, non operò più tenendo conto di elementi macro-economici. Intuì, al contrario, la forza dell’effetto “concorso di bellezza”, per cui si indovina la vincitrice individuando non la candidata da noi ritenuta la più bella, ma quella che probabilmente sarà giudicata più bella dalla maggioranza dei giurati. Il porfessor Legrenzi ricorda anche un altro nome tutelare della consulenza finanziaria, lo psicologo Daniel Kahneman che, sviluppando la finanza comportamentale con esperimenti di laboratorio, diede seguito alle intuizioni pionieristiche di Keynes. Daniel Kahneman è stato il solo psicologo sperimentale a vincere il premio Nobel per l’economia nel 2002. Le sue ricerche spiegano come mai la maggioranza delle persone non riesca a comportarsi secondo i canoni della razionalità economica. Se si vuole analizzare la natura dei nostri errori è importante capire perché ci allontaniamo dalle varie forme di razionalità, come porvi rimedio, o perché, viceversa, non sia possibile porvi rimedio” puntualizza infine Carlo Benetti.
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