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Ecco i fondi che hanno fruttato il doppio dei BTP
20 Giugno 2014 09:10

ni fa i mercati erano entrati in fibrillazione: era infatti iniziata a circolare la preoccupazione sulla sostenibilità del debito della zona euro e sulla sopravvivenza della stessa moneta unica europea. In poche settimane sarebbe esplosa in tutta la sua gravità la crisi dei titoli di stato europei e, in particolare quelli periferici (tra i quali anche i BTP, i CCT e i BOT italiani).
A distanza di tre anni possiamo dire che probabilmente quella crisi è stata archiviata e i risparmiatori che tre anni fa, con non poco coraggio, sottoscrissero titoli di Stato sono stati ripagati.
In particolare, i risparmiatori che acquistarono in asta il BTP giugno 2014 hanno contabilizzato un rendimento dell’11,62% complessivo nei tre anni, pari al 3,73% annuo. Tuttavia, per quanto si possa considerare questo un risultato molto interessante, è opportuno notare che, nello stesso arco di tempo, alcuni fondi obbligazionari governativi euro a medio lungo termine, cioè i prodotti del risparmio gestito che investono prevalentemente in governativi della zona euro (ma non soltanto in BTP), hanno saputo registrare performance addirittura pari al doppio del Btp triennale, cioè superiori al 24%.
Stiamo parlando, per fare i nomi, dei comparti Bnp Paribas Parvest-I Bond Euro Long Term, Pioneer SF-H Euro Curve 10+ year, Invesco Funds Lux-C Invesco European Bond Fund, BlackRock Global Fund-X Euro Bond, Pictet Funds Lux-I Euro Bonds, Schroder Isf Sicav-C Euro Government Bond, Pictet Funds Lux-I Eur Government Bonds, Vontobel Fund-I Euro Bond, Pimco G.I.S.-Admin Euro Bond Fund, JPM Funds-C Eu Government Bond, e Morgan Stanley-Z Euro Strategic Bond.
I team di gestione di questi fondi hanno saputo sapientemente allestire portafogli dinamici che di volta in volta si sono adeguati alle tendenze e alle opportunità di mercato: aumentando prima l’esposizione verso i bund tedeschi e i titoli di stato olandesi e francesi, per poi passare a un graduale switch verso i governativi periferici di Italia, Spagna e Portogallo, per poi puntare con decisione sulle scadenze più lunghe (quelle cioè superiori ai 10 anni) per sfruttare al massimo il calo dei tassi di interesse. Il tutto con una diversificazione di portafoglio su un centinaio di titoli e con un profilo di rischio inferiore a quello di un singolo titolo di stato.
A distanza di tre anni possiamo dire che probabilmente quella crisi è stata archiviata e i risparmiatori che tre anni fa, con non poco coraggio, sottoscrissero titoli di Stato sono stati ripagati.
In particolare, i risparmiatori che acquistarono in asta il BTP giugno 2014 hanno contabilizzato un rendimento dell’11,62% complessivo nei tre anni, pari al 3,73% annuo. Tuttavia, per quanto si possa considerare questo un risultato molto interessante, è opportuno notare che, nello stesso arco di tempo, alcuni fondi obbligazionari governativi euro a medio lungo termine, cioè i prodotti del risparmio gestito che investono prevalentemente in governativi della zona euro (ma non soltanto in BTP), hanno saputo registrare performance addirittura pari al doppio del Btp triennale, cioè superiori al 24%.
Stiamo parlando, per fare i nomi, dei comparti Bnp Paribas Parvest-I Bond Euro Long Term, Pioneer SF-H Euro Curve 10+ year, Invesco Funds Lux-C Invesco European Bond Fund, BlackRock Global Fund-X Euro Bond, Pictet Funds Lux-I Euro Bonds, Schroder Isf Sicav-C Euro Government Bond, Pictet Funds Lux-I Eur Government Bonds, Vontobel Fund-I Euro Bond, Pimco G.I.S.-Admin Euro Bond Fund, JPM Funds-C Eu Government Bond, e Morgan Stanley-Z Euro Strategic Bond.
I team di gestione di questi fondi hanno saputo sapientemente allestire portafogli dinamici che di volta in volta si sono adeguati alle tendenze e alle opportunità di mercato: aumentando prima l’esposizione verso i bund tedeschi e i titoli di stato olandesi e francesi, per poi passare a un graduale switch verso i governativi periferici di Italia, Spagna e Portogallo, per poi puntare con decisione sulle scadenze più lunghe (quelle cioè superiori ai 10 anni) per sfruttare al massimo il calo dei tassi di interesse. Il tutto con una diversificazione di portafoglio su un centinaio di titoli e con un profilo di rischio inferiore a quello di un singolo titolo di stato.
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